Durante il banchetto offerto in
onore dei nuovi premi Nobel per la medicina una donna sicario ferisce
il neo premio Nobel ed uccide la presidentessa della commissione, il
tutto davanti agli occhi di Annika Bengtzon, che, essendo testimone
oculare, non potrà scrivere ciò che ha visto. Le indagini,
all'indomani degli attentati dell'11 Settembre in America, prendono
subito la strada dell'atto terroristico promosso ad Al Quaeda, dato
che il premio Nobel è un israeliano. Annika, però, non ne sembra
molto convinta: il sicario ha sbagliato obiettivo oppure no?
Sul lato familiare la
riconciliazione dopo il tradimento del marito con una collega ha
lasciato degli strascichi: Annika da una parte è felice di averlo
riconquistato, dall'altra sente comunque ancora una ferita che brucia
troppo. Per non farsi mancare niente, poi, il suo giornale la mette
in congedo per sei mesi, dato che non potrà scrivere sulla vicenda
della notte dei Nobel. Tutti questi eventi non fanno che aumentare il
suo senso di inadeguatezza nei confronti di se stessa come moglie,
come madre, come giornalista, e, a complicare il tutto, vi è il
trasloco presso la nuova casa, in una zona residenziale di alto
livello ma con un vicino particolarmente “odioso”.
La Marklund porta avanti la
carriera e la vita personale della Bengtzon in maniera egregia: non
una eroina, ma una donna intelligente, piena di fragilità, di sensi
di colpa, che al momento del bisogno riesce a tirare fuori il meglio
di sé e a dare attenzione a chi le sta intorno ... casa nuova
compresa. Non aggiungo altro per non sciupare la lettura del libro.
Frasi sottolineate
- Non è mai troppo arrendersi.
- Chi dice che la felicità non si
può comprare non frequenta i negozi giusti.
- Non è mai difficile alzarsi la
mattina quando infuria la guerra. E' solo in tempo di pace che si
vorrebbe stendersi a terra e morire.