(trad. L. Cangemi, K. De Marco, Marsilio Editore)
Biologia della razza, il “Progetto
9”, il drago tatuato sulla schiena di Lisbeth Salander: sono questi
gli enigmi che verranno affrontati in questo capitolo della saga
creata da Stieg Larsson, il secondo dopo la sua scomparsa. La storia
si svolge tutta in un mese, un caldo giugno. Lisbeth Salander, è
ancora lei protagonista, è chiusa in un carcere di massima sicurezza
quando il suo vecchio e malandato tutore Holger Plamgren la va a
trovare, nonostante le precarie condizioni di salute a seguito di un
ictus, di cui abbiamo già letto nei primi tre capitoli della serie.
La visita darà l’opportunità a Lisbeth di cercare di ricostruire
il suo oscuro passato, una infanzia che è stata pesantemente
condizionata dal fantomatico “Progetto 9” con lo studio dei
gemelli. Parallelamente Lisbeth si occupa anche di Faria Kazi,
un’altra detenuta, i cui fratelli ne vogliono la morte e per questo
incaricano Benito, un’altra detenuta sociopatica. Tra il boia e la
vittima si frappone Lisbeth.
È già il secondo capitolo
scritto da Lagercrantz. Come scritto in precedenza (vedi il commento
del 01/11/2016 al suo primo libro), mi fa un po’ impressione come
possa sfruttare la storia creata da Larsson, ma, anche se lo stile è
diverso, meno ricco di particolari rispetto alle prime tre storie,
Lagercrantz riesce a portare avanti in maniera egregia la storia,
aprendo tutta una serie di vicende che arrivano a chiudersi nel
finale, lasciando però degli spiragli aperti per i prossimi volumi.
Frasi sottolineate
“Cosa vuole che dica, alla mia
età? Mi accontento che il corpo mi ricordi ancora che sono vivo,
anche se con il dolore”.