venerdì 17 ottobre 2014

Diari Segreti - A. Speer


Ho appena finito di leggere i “Diari segreti di Spandau” di Albert Speer. Provo a condensare in poche frasi un libro che tratta di un periodo storico che ancora provoca dolore al solo pensiero. Non mi ricordo quale sia stato il flusso di pensieri che mi ha portato a cercare ed infine a leggere questo libro. Per chi non conosce di cosa stia parlando faccio un accenno sul suo autore: Albert Speer, anche soprannominato l'Architetto del Diavolo, è stato l'architetto di fiducia di Adolf Hitler; ebbe l'incarico di mettere su carta le idee architettoniche del Fuhrer in merito alla nuova Berlino, e questa fiducia gli valse durante la II Guerra Mondiale la nomina a Ministro degli Armamenti del Reich.
Il libro, come si può capire, è un diario dei suoi 20 anni passati in prigione a seguito del processo di Norimberga, una cronaca quasi giornaliera condita da riflessioni e descrizioni delle attività svolte all'interno del carcere, delle dinamiche tra prigionieri e carcerieri.
Le riflessioni che ho fatto durante la lettura sono state molteplici, per esempio: che tipo di uomo era Speer, perché, di fondo, al di là di tutto quanto ha scritto, ho percepito che si riteneva non colpevole nei confronti dei capi d'imputazione per cui era stato condannato (pur essendosi dichiarato colpevole durante il processo); anzi in alcune sue riflessioni considera i suoi carcerieri altrettanto colpevoli in quanto anche loro hanno utilizzato in maniera coatta i prigionieri per farli lavorare come lui fece con gli ebrei, peccato che l'alternativa fosse il campo di concentramento, in più occasioni mostra gratitudine nei confronti di Hitler, dando rilievo ai suoi sogni di grandezza come architetto, mettendo su un piano secondario il lucido progetto di genocidio, che fu messo in atto, dei morti che la guerra ha provocato, come del resto ogni guerra provoca. Anche le critiche che muove nei confronti di Hitler sono enfatizzate più per le sue scelte architettoniche che per altro. Un'altra riflessione che mi è nata è stata quella dell'utilità dell'impianto carcerario di Spandau, che vedeva la presenza contemporanea dei carcerieri delle quattro potenze vincitrici la guerra, 4 direttori, sempre uno per nazione vincitrice del conflitto, il tutto per controllare i 7 prigionieri e per controllarsi a vicenda. Tutto questo dispiegamento di forze non è riuscito ad impedire la fuoriuscita di informazioni dal carcere, questi diari ne sono la testimonianza, un dispendio di energie e denaro che forse oggi, con il senno di poi, non so quanto sia stato utile ed educativo (sic!).

Albert Speer – Diari segreti di Spandau
1965, 534 pagine edizioni Mondadori.

martedì 7 ottobre 2014

Pochi inutili nascondigli - G. Faletti


Ho appena finito di leggere il libro “Pochi inutili nascondigli” di Giorgio Faletti, scelta che è stata condizionata dalla recente scomparsa di questo autore poliedrico (morto il 4 luglio di quest'anno). Dopo aver letto, con entusiasmo, “Io uccido” e “Niente di vero tranne gli occhi”; ho voluto leggere anche questa sua opera che è una raccolta di racconti, sette per l'esattezza, che trattano della “signora vestita di nero”, che tuttavia, per le diverse occasioni, indossa un abito rosso oppure è un uomo con un panciotto vistoso con in bocca un lecca-lecca o addirittura veste i panni di un licantropo. In linea con i due libri che ho letto in precedenza, si tratta di racconti dove c'è una tinta di giallo e dove la morte gioca con i protagonisti, in alcuni casi li alletta per poi prenderli con sé, con un tocco di surrealismo che li rende particolari e non banali. Devo fare due note, una sul racconto, “Graffiti”, che vede come protagonista un professore delle superiori frustrato al quale hanno rifiutato un'opera prima e che “Odiava il suo lavoro che lo costringeva a stare seduto a sorvegliare una massa di larve che cercava disperatamente di finire il compito in classe prima di quella stramaledetta campana che non suonava, non suonava, non suon...”: questo è il filo conduttore nel suo rapporto con il proprio lavoro, con la propria vita,: Ad un certo punto prende il coraggio, ma non per riscattarsi di una vita mediocre come si potrebbe pensare, ma per compiere un gesto che ne mostra ancora di più la mediocrità , che quindi non è data dalla scuola, dai ragazzi , ma è proprio insita nel personaggio... Che tristezza mi ha fatto, perché ne vedo quotidianamente intorno a me di questi personaggi. L'altra nota è sui ringraziamenti dell'autore, in cui ho letto il lato ironico di Faletti con il quale si e' fatto conoscere al pubblico: “Porco mondo”.

Giorgio Faletti – Pochi inutili nascondigli
2014, 376 pagine, edizioni Baldini & Castoldi