domenica 15 febbraio 2015

Ricardo Guiraldes - Don Segundo Sombra


Ho appena finito di leggere il libro di Ricardo Guiraldes – “Don Segundo Sombra”-, un libro definito un capolovaro della letteratura gaucesca. Su questo non mi esprimo, visto che per ora ho letto solamente questo romanzo. Posso dire che a me ha ricordato la trilogia della frontiera di Cormac Mc Carthy: anziché essere ambientato a cavallo, in tutti i sensi, del confine tra gli Stati Uniti e il Messico, questo di Guiraldes è ambientato sempre a cavallo ma “solamente” nella Pampas. E' meno avventuroso rispetto a quelli scritti da Mc Carty e tra i due preferisco sicuramente il secondo.
Il libro narra le vicende di un adolescente orfano vessato dalle zie, a cui è affidato; un giorno incrocia Don Segundo Sombra, un VERO GAUCHO, carismatico anche se di poche parole: la sola figura suscita rispetto. Il ragazzo fa in modo e maniera affinché Don Segundo diventi il suo padrino e insieme girano la Pampas per cinque anni, durante i quali impara a diventare prima un uomo, poi un vero gaucho, figura che non è soltanto colui che guida le mandrie ma è anche un vero e proprio stile di vita, cosa a cui Don Segundo non può sottrarsi nonostante abbia più di un'opportunità di passare il resto della sua vita negli agi di una fattoria anziché a cavallo. Da segnalare le storie raccontate da Don Segundo, che riesce con il suo carisma a creare talmente bene l'atmosfera dei racconti da far sembrare ai suoi interlocutori di essere stato un testimone diretto delle vicende: si veda ad esempio la storia ambientata ai tempi di Gesù e dei suoi apostoli.

Frasi da ricordare:
“Più che per terra non posso andare – risponde il domatore a chi scherzando gli pronostica una caduta; e con ciò intende dire che c'è un limite a tutto, e che in fondo tutto sta nel non lasciarsi spaventare.”

Arrivare non è, per un mandriano, che un pretesto per ripartire.

Ricardo Guiraldes - Don Segundo Sombra, Fabbri Editori, 247 pagine.
 

lunedì 2 febbraio 2015

Tiziano Terzani - Lettere contro la guerra


Ho appena finito di rileggere “Lettere contro una guerra” di Tiziano Terzani. E' un libro che ogni volta mi stimola nuove riflessioni. L'occasione per la sua lettura sono state le ultime tragiche vicende accadute a Parigi, mi riferisco all'uccisione dei vignettisti della rivista satirica “Charlie Hebdo”, di due poliziotti, poi di un'altra poliziotta e quattro avventori di un supermercato.
Nei giorni seguenti a questi avvenimenti, quando era chiara l'origine islamica degli attentatori, c'è stato un florilegio di opinioni per lo più inneggianti all'odio razziale e questo mi ha ricordato lo scontro che ci fu tra Oriana Fallaci e Tiziano Terzani all'indomani dell'attentato alle Torri Gemelle di New York. Oggi come allora molti inneggiano ai pensieri che la Fallaci esternò su un quotidiano e che poi ha raccolto nel libro “La rabbia e l'orgoglio”. A questi c'è stata la risposta di Terzani con altrettanti interventi sul medesimo quotidiano. L'interventismo auspicato dalla Fallaci a cosa ha portato? A mio parere a niente di buono. Le nostre città si stanno trasformando in ghetti dove confinare l'altro, dove il nome di un dio poco considerato prima, ora viene utilizzato per imporre una visione religiosa ad uno Stato laico, riscoprendo solo sulla carta un nuovo sentimento religioso. Sì, solo sulla carta; alla prova dei fatti questi nuovi ortodossi sono i primi a non rispettare i dettami che la loro religione professa e questo a cosa porta? A sempre maggiore distanza tra le persone, aumentando la diffidenza degli uni con gli altri. In questi frangenti pochi riscoprono una visione diversa dei fatti, come fece Terzani, giornalista di guerra, come la Fallaci, che non si è limitato però a sentire il parere di una parte in conflitto, di una verità preconfezionata, ma ha anche cercato di capire la visione dell'altro. Così, con questa sua innata curiosità e nonostante fosse in pensione e malato, ha ripreso il taccuino e la penna, è andato là dove ha avuto “origine” tutto il male, ovvero l'Afganistan, a ripercorre le origini di una tragedia, che all'epoca era l'attacco alle Torri gemelle, mentre ora è la lotta all'Isis. Se letto con attenzione, è facile comprendere come l'occidente sia responsabile di quanto sia accaduto ieri e di cosa sta accadendo oggi, con il vantaggio che quanto accadde nel 2001 fa già parte della storia e quindi dovrebbe esserci di insegnamento. Cosa ha portato la guerra tanto invocata? Ora abbiamo l'opportunità di capire che la guerra, l'inneggiare allo scontro di civiltà, non è mai la soluzione!

Frasi da ricordare:
  • “Le guerre cominciano nella mente degli uomini ed è nella mente degli uomini che bisogna costruire la difesa della pace” - preambolo della costituzione dell'UNESCO.
  • ...così è diventato il nostro mondo: la pubblicità ha preso il posto della letteratura, gli slogan ci colpiscono ormai più della poesia e dei suoi versi. L'unico modo di resistere è ostinarsi a pensare con la propria testa e soprattutto a sentire col proprio cuore. (penso a quando tutti si sentivano americani e ora sono tutti Charlie Hebdo).
  • A noi può parere strano, ma c'è oggi nel mondo un crescente numero di persone che non aspira ad essere come noi, che non insegue i nostri sogni, che non ha le nostre aspettative e i nostri desideri.
  • A noi piace vedere il mondo come lo conosciamo e quindi siamo solo capaci di immaginarci la liberazione di Kabul come una liberazione dal burqua: se le donne non lo buttano via, le incitiamo o le paghiamo perché lo facciano, come pare abbia fatto una troupe televisiva. (penso all'On. Santanché che organizzò una protesta anti-burqua)
  • La verità è che si deve evitare tutto ciò che può umanizzare la figura del “nemico”, tutto ciò che può spiegare le sue ragioni. Il nemico va presentato come un inaccettabile mostro da eliminare.
  • ...è folle la guerra di Osama bin Laden e quella di Geroge W. Bush. Tutti e due citano Dio, ma con questo non rendono più divini i loro massacri.

Tiziano Terzani – Lettere contro la guerra, TEA, 177 pagine. 181