Cucinare un orso”, di Mikael Niemi, è un romanzo che si muove con disinvoltura tra le pieghe della Storia, mescolando sapientemente il thriller alla riflessione filosofica. Ambientato nella Svezia del XIX secolo, il libro ci catapulta in un’epoca in cui il confine tra fede e superstizione è labile, e la conoscenza scientifica inizia a fare breccia nelle menti più illuminate.
Al centro della narrazione troviamo due personaggi complessi e affascinanti: Jussi, un giovane lappone segnato dall’emarginazione sociale, e il pastore Lars Levi Laestadius, figura storica realmente esistita, noto per essere stato un predicatore carismatico e riformatore. Laestadius, tuttavia, non è solo un uomo di chiesa: è anche un investigatore acuto, quasi un antesignano del moderno detective, che ricorda in modo inequivocabile il Guglielmo da Baskerville de “Il nome della rosa” di Umberto Eco. Con un approccio quasi scientifico, Laestadius affronta l’oscurità dei delitti con la luce della ragione, cercando di portare chiarezza in un mondo dominato dall’ignoranza.
Il romanzo si apre con il ritrovamento del corpo senza vita di una giovane donna, un evento che segna l’inizio di una serie di misteri e delitti. Laestadius, accompagnato da Jussi, intraprende un’indagine che li conduce attraverso i boschi e le paludi del Norrland, un paesaggio descritto con una tale precisione che diventa esso stesso un personaggio, ora seducente, ora minaccioso.
Jussi, con la sua origine sami, diventa simbolo dell’altro, del diverso, di colui che la società è pronta a sacrificare quando il timore e la necessità di trovare un colpevole prevalgono sulla giustizia. Al contrario, Laestadius è l’emblema di un’epoca di transizione, in cui la fede non è in contraddizione con la scienza, ma anzi, si nutre di essa per combattere il buio della superstizione.
Ma “Cucinare un orso” non è solo un giallo avvincente. È un’opera che si interroga sulla natura dell’essere umano, sul conflitto tra fede e ragione, e sul significato del progresso. Niemi costruisce un racconto che è al contempo un’indagine e una meditazione, in cui ogni rivelazione porta con sé una nuova domanda, ogni scoperta è un passo avanti in un percorso di conoscenza che non ha mai fine.
Frasi sottolineate
Doveva essere bello avere una compagnia così. Possedere dei libri significava non sentirsi mai soli.
Nella vita reale il tempo procede sempre nella stessa direzione, ma in un libro le cose possono andare diversamente. È quasi inquietante. Nella libreria del pastore vedo file e file di copertine, una accanto all’altra, e tutte contengono tempi di tipo diverso. Il tempo che ci è voluto a scrivere il libro, il tempo in cui si svolge la storia, il tempo che ci vuole per leggerla. E mi manca la terra sotto i piedi quando mi rendo conto che in un misero pezzetto di scaffale è racchiuso più tempo di quanto possa contenerne una vita intera. Le esperienze descritte sono così varie che nessun individuo potrà mai comprenderle tutte dentro di sé, i pensieri così numerosi che nessuna mente riuscirà mai a formularli tutti nel corso di una sola esistenza, nemmeno se passassimo ogni singolo giorno della nostra vita a divorare libri.