domenica 24 agosto 2025

Andrew Leatherbarrow – Fukushima, il sole si scioglie. Quando l’ingegneria non basta (e forse non è mai bastata) (trad. Anna Zafesova, ed. Salani Editore)

 

Ci sono libri che raccontano di disastri. Altri, più rari, si concentrano su ciò che c’era prima. Le cause nascoste, le decisioni silenziose, gli errori travestiti da competenza. "Fukushima. Il sole si scioglie" di Andrew Leatherbarrow rientra in questa seconda categoria. Non è un libro che cerca di stupire, e non ha questa ambizione. È un'opera che ti invita a rallentare, a mettere da parte le notizie e ad ascoltare una storia più ampia. Una storia in cui il vero protagonista non è il terremoto del 2011, né lo tsunami che ha colpito la centrale. Il protagonista è l’uomo. O meglio: il sistema. Leatherbarrow non ci guida attraverso l’incidente come aveva fatto in modo brillante con "Chernobyl 01:23:40". Qui, opta per un approccio più sottile e insidioso. Ricostruisce decenni di scelte politiche, pressioni economiche e compromessi tecnici. Mette in evidenza come la dipendenza del Giappone dal nucleare sia emersa non per convinzione, ma per necessità. E lungo questo percorso, la sicurezza è diventata una parola d’uso comune, ma priva di un vero significato concreto. La sensazione, pagina dopo pagina, è inquietante. Come se l’ingegneria, quella che dovrebbe proteggerci, fosse stata usata principalmente per nascondere l’enormità dei rischi. Come se dietro ogni impianto e ogni protocollo ci fosse un accordo non scritto: se tutto va bene, nessuno ne parlerà. Se va male, diremo che nessuno poteva prevederlo. E invece, qualcuno poteva. Qualcuno doveva. Questo non è un libro contro il nucleare. Non è nemmeno un libro ideologico. È un invito a porci la domanda più seria di tutte: non tanto se possiamo fidarci di questa tecnologia, ma se possiamo davvero fidarci di chi la gestisce. E se, dopo averlo letto, non troviamo una risposta chiara, forse è perché la domanda era giusta.

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Fukushima. Il sole si scioglie 

domenica 17 agosto 2025

Daniel Pennac – Capolinea Malaussene (trad. Yasmina Mélaouah, ed. Universale Economica Feltrinelli)

 

Un commovente e nostalgico addio a una delle famiglie più amate della letteratura contemporanea? Ci sono libri che, appena li apri, ti fanno sentire come se stessi chiudendo un cerchio. "Capolinea Malaussène" di Daniel Pennac è sicuramente uno di questi, come suggerisce il titolo. Pennac torna alla sua bizzarra e irresistibile tribù di Belleville, riportandoci in quel microcosmo familiare anarchico e affollato che i lettori della saga conoscono così bene. Ritroviamo Benjamin Malaussène, l'eterno capro espiatorio, con la sua dolce rassegnazione e la sua straordinaria capacità di rimanere al centro del caos senza mai esserne davvero sopraffatto.

Quello che sembra l'inizio di una performance artistica si trasforma rapidamente in un evento drammatico: un rapimento, un mistero, una verità che emerge lentamente. Pennac tesse una trama che, sebbene possa sembrare complessa, è in realtà ben orchestrata, dove nulla è lasciato al caso e ogni personaggio, anche il più marginale, ha un ruolo ben definito.

Il romanzo è ricco di riferimenti ai precedenti episodi della saga, ma questo non è un limite. Al contrario, rappresenta un elemento di coerenza narrativa che arricchisce l'esperienza di lettura. Anche chi non ha letto tutti i volumi può facilmente lasciarsi coinvolgere: lo stile è accessibile, il tono sempre vivace, capace di alternare ironia e malinconia con grande naturalezza.

La vera forza del libro, però, risiede in quel senso di conclusione imminente che lo pervade. Non c'è enfasi né retorica, solo una sottile consapevolezza: le storie, come le persone, invecchiano. E quando giungono al capolinea, lo fanno con dignità. Ma questo non significa che smettano di esistere. Rimangono nella memoria del lettore, pronte a essere riscoperta, magari solo sfogliando una vecchia pagina.

È davvero l’ultimo libro della saga? Forse sì. Ma anche se così fosse, è un finale che ha senso. Una chiusura sincera, affettuosa, che rende giustizia al mondo che Pennac ha saputo creare in oltre trent’anni.

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Frasi sottolineate

Benjamin è al corrente?”

No, figuriamoci. Sigma lo protegge, Benjamin, da tutte questi giochetti della modernità. Dice che non sarebbe contento di scoprire che oggi la verità è qualcosa che si costruisce.”


...trasformate ogni rogna in un’occasione di apprendimento.

Capolinea Malaussène - Daniel Pennac - copertina 

domenica 3 agosto 2025

Andrea Mancino - Come farsi addomesticare dal proprio gatto (ed. De Agostini)

 

“Mentre noi pensiamo di addomesticare loro, in realtà sono loro ad addomesticare noi”

Ci sono libri che iniziano come piccoli giochi di parole e si trasformano, lentamente, in riflessioni profonde sulla nostra vita quotidiana. "Come farsi addomesticare dal proprio gatto" di Andrea Mancino è proprio questo: un libro che sembra leggero, quasi ironico, ma che sotto la superficie nasconde un messaggio molto serio. Con delicatezza. Senza mai prendersi troppo sul serio.

Il titolo stesso è una chiara dichiarazione d’intenti. L’idea centrale è semplice, e chi vive con un gatto lo sa bene: pensiamo di educare i nostri animali domestici, ma in realtà sono loro a insegnare a noi. O meglio: sono loro a riplasmare le nostre abitudini, a ridefinire i nostri spazi, a ristrutturare la nostra routine. Il tutto con la discrezione di chi non chiede mai, ma riesce sempre a ottenere ciò che vuole.

Andrea Mancino scrive in modo diretto e essenziale. Non cerca effetti speciali. Condivide la sua esperienza con due gatti che, pagina dopo pagina, si rivelano molto più di semplici animali da compagnia. Sono osservatori silenziosi, compagni imprevedibili e, senza alcuna pretesa, insegnanti inconsapevoli di autenticità.

C’è un passaggio che mi ha colpito per la sua semplicità:

“Perché modificare me stesso per piacere agli altri?”

Questa domanda nasce dallo sguardo di un gatto, un animale che incarna la libertà, incapace di fingere, di nascondersi, di vivere per compiacere. Mancino la pone senza alcuna retorica, quasi con un senso di meraviglia. E in quella domanda si apre un varco più ampio: il libro diventa una riflessione sul nostro modo di essere, spesso intrappolato da aspettative esterne, ruoli e una ricerca di approvazione che ci allontana dalla nostra vera essenza.

La forza del libro risiede proprio qui: nella sua abilità di mescolare aneddoti teneri e divertenti con spunti di riflessione profonda, senza mai risultare pesante.

In un mondo di libri che spesso cercano di attirare l'attenzione, "Come farsi addomesticare dal proprio gatto" si distingue per la sua voce calma, il suo sottile senso dell'umorismo e una verità semplice: non siamo sempre noi a decidere come vivere; a volte, sono gli incontri inaspettati, anche con un gatto, a guidarci verso un percorso più autentico.

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Come farsi addomesticare dal proprio gatto - Andrea Mancino - copertina