Ho appena finito di
legger un altro libro di Jo Nesbo – “La ragazza senza volto”.
Continuano le vicissitudini del Commissario Harry Hole (non capisco
perché abbia un nome inglese quando i romanzi sono ambientati in
Norvegia. Forse per renderlo meglio memorizzabile rispetto ai nomi
scandinavi e quindi intercettare un numero superiore di lettori?).
Rimango dell'idea che Nesbo scriva bene: le storie nascono separate,
poi si ricongiungono man mano che la trama avanza e l'inizio fa
sperare che Hole riesca ad uscire dal tunnel autolesionistico a cui
ci ha abituato nei romanzi precedenti. A metà romanzo ho capito già
il movente dell'omicida, quindi mi sono domandato: “Cosa avrà da
scrivere ancora per il resto del libro??”. Eh, eh! Astutamente
Nesbo semina tutta una serie di indizi che alla fine portano alla
scoperta di una verità che non era così scontata, un po' macchinosa
ma efficace. L'omicida non è quello che sembra, il mandante neppure,
e, ciliegina sulla torta, il commissario Hole scopre, per caso, che
il “principe” non era solo ma aveva un collega
insospettabile..........- qui mi ricorda l'organizzazione parallela
che fa da filo conduttore nella trilogia di Stieg Larsson.
Ho una curiosità da
rivolgere al traduttore/editore: come mai il titolo italiano del
romanzo è “La ragazza senza volto” piuttosto che “Il
Redentore” (titolo norvegese del libro)? Perché si devono cambiare
con titoli di fantasia dei titoli originali che sono più
interessanti? La memoria mi riporta al film “Se mi lasci ti
cancello”: in quell'occasione il titolo era anche abbastanza
attinente alla trama del film, anche se quello originale era più
accattivante e musicale.
Frasi da ricordare:
Harry Hole: <<Significa
che faccio fatica ad approvare una religione secondo cui la fede in
sé costituisce un biglietto sicuro per il paradiso. Una religione
che incita a ignorare il proprio buon senso per rassegnarsi a quello
che il nostro raziocinio non riesce ad accettare. È esattamente lo
stesso modello di sottomissione intellettuale che le dittature usano
da sempre: il pensiero di un essere superiore che non accetta di
essere contraddetto neppure dall'evidenza dei fatti.>>
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