domenica 2 agosto 2015

Jo Nesbo - La ragazza senza volto


Ho appena finito di legger un altro libro di Jo Nesbo – “La ragazza senza volto”. Continuano le vicissitudini del Commissario Harry Hole (non capisco perché abbia un nome inglese quando i romanzi sono ambientati in Norvegia. Forse per renderlo meglio memorizzabile rispetto ai nomi scandinavi e quindi intercettare un numero superiore di lettori?). Rimango dell'idea che Nesbo scriva bene: le storie nascono separate, poi si ricongiungono man mano che la trama avanza e l'inizio fa sperare che Hole riesca ad uscire dal tunnel autolesionistico a cui ci ha abituato nei romanzi precedenti. A metà romanzo ho capito già il movente dell'omicida, quindi mi sono domandato: “Cosa avrà da scrivere ancora per il resto del libro??”. Eh, eh! Astutamente Nesbo semina tutta una serie di indizi che alla fine portano alla scoperta di una verità che non era così scontata, un po' macchinosa ma efficace. L'omicida non è quello che sembra, il mandante neppure, e, ciliegina sulla torta, il commissario Hole scopre, per caso, che il “principe” non era solo ma aveva un collega insospettabile..........- qui mi ricorda l'organizzazione parallela che fa da filo conduttore nella trilogia di Stieg Larsson.
Ho una curiosità da rivolgere al traduttore/editore: come mai il titolo italiano del romanzo è “La ragazza senza volto” piuttosto che “Il Redentore” (titolo norvegese del libro)? Perché si devono cambiare con titoli di fantasia dei titoli originali che sono più interessanti? La memoria mi riporta al film “Se mi lasci ti cancello”: in quell'occasione il titolo era anche abbastanza attinente alla trama del film, anche se quello originale era più accattivante e musicale.

Frasi da ricordare:
Harry Hole: <<Significa che faccio fatica ad approvare una religione secondo cui la fede in sé costituisce un biglietto sicuro per il paradiso. Una religione che incita a ignorare il proprio buon senso per rassegnarsi a quello che il nostro raziocinio non riesce ad accettare. È esattamente lo stesso modello di sottomissione intellettuale che le dittature usano da sempre: il pensiero di un essere superiore che non accetta di essere contraddetto neppure dall'evidenza dei fatti.>>


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