Haruki Murakami -
“Dance, dance, dance”, trad. G. Amitrano
Questo è il mio ultimo
post per il 2016: concludo l'anno con un libro di un eterno candidato
al premio Nobel per la letteratura, Haruki Murakami. Nella mia
personale tappa di avvicinamento a quello che è considerato il suo
capolavoro, “1Q84”, questo è il suo terzo libro che leggo. Anche
se non sono in grado di dire se si meriti un Nobel o meno, mi piace
il suo stile intimistico, riflessivo e onirico.
Il
protagonista, definito un alieno dalla sua ultima partner per il suo
modo di rapportarsi con la vita, è uno scrittore di recensioni e
articoli sui più disparati argomenti che gli vengono commissionati
dalle riviste. Viene chiamato perché ha poche pretese e rispetta i
tempi di consegna, ma si tratta di un lavoro che lui definisce come
lo “spalare la neve”: qualcuno deve pur farlo, che gli piaccia o
meno. Al termine di un lavoro a Sapporo, il protagonista ritorna al
“Dolphin Hotel”, dove aveva passato un periodo di vacanza quattro
anni prima con Kiki, una stupenda ragazza, ma del vecchio hotel
rimane solo il nome, sostituito da una struttura moderna e lussuosa.
E' qui che comincia la sua avventura: un giorno si trova a percorrere
un piano dell'albergo che niente ha a che vedere con il nuovo hotel,
un piano completamente al buio, fatiscente, e in una stanza di questo
piano incontra un personaggio misterioso, l'”uomo pecora”, che
gli affida l'incarico di ritrovare Kiki.
“Dance,
Dance, Dance” mi ricorda il cartone animato “La città incantata”
di Miyazaky, conterraneo di Murakami: il protagonista si trova ad un
certo punto in un mondo parallelo, assurdo, che lo porterà a
ricercare varie persone tutte collegate tra loro tramite lui.
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