domenica 18 maggio 2025

Chiara Galeazzi – Poverina (ed. Blackie)

 

“Poverina” di Chiara Galeazzi – Una voce che si rialza, un corpo che ricomincia

Un attacco di panico, o almeno così sembrava. Chiara si trovava da sola in casa, con il cuore che batteva all'impazzata, il respiro affannato e un corpo che sembrava non rispondere. Ma non era panico. Era un ictus. A soli trentasei anni.

"Poverina" non è solo la cronaca di un evento traumatico. È il diario lucido e spietato di un anno sospeso, in cui Chiara Galeazzi, giornalista, autrice e voce brillante della contemporaneità, si confronta con la fragilità del corpo e, insieme, con la narrazione di sé.

Il titolo, "Poverina", è una trappola semantica: da un lato evoca lo sguardo pietoso, spesso paternalistico, che si posa sulla malattia degli altri, un modo per ridurre il dolore altrui a qualcosa che ci fa sentire più al sicuro. Dall'altro, è una provocazione. Perché Galeazzi non cerca compassione, né indulgenza. Vuole parole per raccontare la verità di ciò che le è accaduto, senza filtri e senza eroismi.

Il suo percorso di riabilitazione, fisica, emotiva e sociale, è segnato da domande più che da certezze. Perché è successo a me? Tornerò mai come prima? Posso ancora fidarmi del mio corpo? E, soprattutto, come si vive quando tutto ciò che ti definiva, il lavoro, la velocità, la voce, viene messo in discussione? Chiara riprende a camminare, a muovere una mano, a scrivere. E mentre lo fa, smantella con un'ironia affilata e una lucidità chirurgica la retorica della malattia “che ti cambia in meglio”. Non c'è spazio per edulcorazioni. C'è invece spazio per l'onestà di chi riconosce che la paura è ancora presente, che la fatica non sempre si trasforma in forza, e che guarire non significa tornare indietro, ma piuttosto iniziare un nuovo capitolo tutto da esplorare.

La scrittura è asciutta e precisa, capace di passare da toni incisivi a momenti di dolcezza in un attimo. Non c’è mai un senso di compiacimento, eppure ogni pagina è intrisa di una voce incredibilmente personale, in grado di parlare anche a chi non ha vissuto quella paura. È una voce che si racconta senza cercare di diventare un simbolo, ma proprio per questo riesce a toccare tutti. "Poverina" è un libro imprescindibile. Non solo per ciò che dice sulla malattia, ma anche per ciò che ci spinge a riflettere su come la società tratta chi si trova in difficoltà. È un memoir che si trasforma in un saggio esistenziale, un diario di una battaglia silenziosa, un atto di coraggio sobrio. Di quelli che non fanno rumore, ma che lasciano un'impronta profonda.

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Poverina - Chiara Galeazzi - copertina

domenica 11 maggio 2025

Marco Buticchi – Scusi, bagnino, l’ombrellone non funziona (ed. Longanesi)

 

Ci sono libri che si leggono sotto l’ombrellone, leggeri come l’estate richiede. E poi ci sono libri che parlano dell’ombrellone, o meglio, di tutto ciò che gli gira attorno: il microcosmo tragicomico della spiaggia italiana. "Scusi, bagnino, l’ombrellone non funziona" di Marco Buticchi riesce a essere entrambe le cose.

Se lo leggi distrattamente, potrebbe sembrare solo una raccolta di esagerazioni grottesche e situazioni al limite dell’assurdo. Ma, come spesso accade, è solo un modo per avvicinarsi a ciò che di solito ignoriamo. Perché diciamolo chiaramente: l’Italia balneare è un mondo a parte, con le sue regole non scritte, i suoi personaggi ricorrenti e le sue tragicommedie quotidiane.

Le pagine scorrono come una conversazione sulla battigia, tra richieste assurde e invasioni di campo da parte di turisti sempre sopra le righe. Certo, viene da chiedersi se certi episodi siano reali o frutto di fantasia. Ma, alla fine, serve davvero saperlo? A volte, la realtà è più esagerata della fantasia. E chi ha trascorso almeno un’estate in uno stabilimento balneare ha sicuramente visto certe cose. O, almeno, le ha sfiorate.

Il tono di Buticchi è scanzonato e a tratti surreale, ma riesce anche a far emergere una verità più profonda: dietro la risata si nasconde spesso una riflessione sul nostro modo di vivere gli spazi comuni, sul bisogno di sentirci serviti, al centro dell’attenzione, e a volte persino un po’ ridicoli.

Non è un romanzo che ti cambia la vita. Non è un saggio illuminante. Ma è un libro intelligente nel suo non prendersi troppo sul serio. E questo, soprattutto d’estate, è un grande pregio.

Perfetto da leggere con i piedi nella sabbia e un sorriso ironico sulle labbra. E magari, alla prossima richiesta al bagnino, ci penserete due volte.

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Scusi, bagnino, l'ombrellone non funziona - Marco Buticchi - copertina

domenica 4 maggio 2025

Levy Henriksen – Norwegian Blues (trad. Giovanna Paterniti, ed. Iperborea)

 

Alcune storie si insinuano silenziosamente, come una melodia che inizia con una nota bassa, quasi distratta. E poi, poco a poco, ti avvolgono. “Norwegian Blues” di Levi Henriksen è proprio una di queste. Un libro dove la musica è l'occasione per parlare della vita che continua a pulsare anche quando nessuno la ascolta più.

Il protagonista, un produttore discografico, è un uomo che ha perso il contatto con ciò che conta davvero. Lo troviamo in un momento di crisi creativa, in quella zona grigia dell’anima dove tutto sembra già sentito e già visto. È in questa nebbia che accade l’inatteso: durante una funzione in una chiesa, incontra un trio di ottuagenari che cantano con una forza capace di abbattere ogni pregiudizio. Non sono belli, non sono giovani, ma hanno qualcosa che nel suo mondo rarefatto è diventato merce rara: autenticità.

Henriksen scrive con una leggerezza apparente di chi sa che le parole, se troppo ornate, smettono di dire la verità. La sua lingua è essenziale, quasi pudica, e proprio per questo potente. C’è una malinconia di fondo che somiglia molto alla saggezza: quella che arriva con gli anni, ma solo per chi ha il coraggio di confrontarsi con il proprio passato.

Questa storia è una riflessione, tenera e mai retorica, su ciò che resta quando tutto il resto si consuma: la voce, l’esperienza, il senso delle cose fatte senza un secondo fine. È anche — e forse soprattutto — un elogio della lentezza, dell’imperfezione, del tempo che non è nemico ma complice, se solo impariamo ad ascoltarlo.

“Norwegian Blues” non urla. Non ha bisogno di farlo. Ti accompagna con passo sicuro, tra sorrisi amari e scoperte luminose, ricordandoti che a volte la vera bellezza arriva da dove meno te l’aspetti. E che sì, i valori — quelli veri, non quelli da slogan — contano ancora. Magari non fanno notizia, ma fanno la differenza.

Un libro che sembra una ballata blues: semplice in apparenza, ma con dentro tutto il necessario per commuoverti. E per farti venire voglia di ricominciare a sentire, davvero.

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Frasi sottolineate

… i momenti magici della musica scaturiscono proprio dall’imprevedibilità. Quando si sbaglia un collegamento e ciò nonostante ecco la luce, ecco la vita che colma il cuore di qualcosa impossibile da spiegare.

Uno scrittore di cui avevo letto un’intervista sosteneva che i libri migliori sono quelli mai scritti. Capivo molto bene che cosa intendesse. A volte il successo più grande sta nel fallire invece che ripetere sempre lo stesso successo.

“Dicono che pensare troppo non abbia mai portato a niente di buono.”

Il vero amore non è quello che si proclama ai quattro venti o che dà vita a lunghe e contorte poesie senza punteggiatura. No. Il vero amore non occupa più spazio di due mani una accanto all’altra sul sedile posteriore di un’auto.

Norwegian blues - Levi Henriksen - copertina