Alcune storie si insinuano silenziosamente, come una melodia che inizia con una nota bassa, quasi distratta. E poi, poco a poco, ti avvolgono. “Norwegian Blues” di Levi Henriksen è proprio una di queste. Un libro dove la musica è l'occasione per parlare della vita che continua a pulsare anche quando nessuno la ascolta più.
Il protagonista, un produttore discografico, è un uomo che ha perso il contatto con ciò che conta davvero. Lo troviamo in un momento di crisi creativa, in quella zona grigia dell’anima dove tutto sembra già sentito e già visto. È in questa nebbia che accade l’inatteso: durante una funzione in una chiesa, incontra un trio di ottuagenari che cantano con una forza capace di abbattere ogni pregiudizio. Non sono belli, non sono giovani, ma hanno qualcosa che nel suo mondo rarefatto è diventato merce rara: autenticità.
Henriksen scrive con una leggerezza apparente di chi sa che le parole, se troppo ornate, smettono di dire la verità. La sua lingua è essenziale, quasi pudica, e proprio per questo potente. C’è una malinconia di fondo che somiglia molto alla saggezza: quella che arriva con gli anni, ma solo per chi ha il coraggio di confrontarsi con il proprio passato.
Questa storia è una riflessione, tenera e mai retorica, su ciò che resta quando tutto il resto si consuma: la voce, l’esperienza, il senso delle cose fatte senza un secondo fine. È anche — e forse soprattutto — un elogio della lentezza, dell’imperfezione, del tempo che non è nemico ma complice, se solo impariamo ad ascoltarlo.
“Norwegian Blues” non urla. Non ha bisogno di farlo. Ti accompagna con passo sicuro, tra sorrisi amari e scoperte luminose, ricordandoti che a volte la vera bellezza arriva da dove meno te l’aspetti. E che sì, i valori — quelli veri, non quelli da slogan — contano ancora. Magari non fanno notizia, ma fanno la differenza.
Un libro che sembra una ballata blues: semplice in apparenza, ma con dentro tutto il necessario per commuoverti. E per farti venire voglia di ricominciare a sentire, davvero.
Frasi sottolineate
… i momenti magici della musica scaturiscono proprio dall’imprevedibilità. Quando si sbaglia un collegamento e ciò nonostante ecco la luce, ecco la vita che colma il cuore di qualcosa impossibile da spiegare.
Uno scrittore di cui avevo letto un’intervista sosteneva che i libri migliori sono quelli mai scritti. Capivo molto bene che cosa intendesse. A volte il successo più grande sta nel fallire invece che ripetere sempre lo stesso successo.
“Dicono che pensare troppo non abbia mai portato a niente di buono.”
Il vero amore non è quello che si proclama ai quattro venti o che dà vita a lunghe e contorte poesie senza punteggiatura. No. Il vero amore non occupa più spazio di due mani una accanto all’altra sul sedile posteriore di un’auto.
Nessun commento:
Posta un commento