domenica 14 settembre 2025

Anthony Burgess – Arancia Meccanica (trad. Marco Rossari, ed. Einaudi, Super ET)

Ci sono libri che non si limitano a raccontare una storia, ma ci costringono a confrontarci con domande scomode. "Arancia Meccanica", pubblicato nel 1962 da Anthony Burgess, è uno di questi. Il protagonista, Alex, è un quindicenne carismatico e spietato, che trascorre le notti tra furti, aggressioni e violenze. È sia repellente che affascinante. Burgess gli affida la narrazione in prima persona e crea per lui un linguaggio unico, una miscela di lingue e parole reinventate. Inizialmente disorienta, ma presto diventa familiare, costringendo il lettore a vedere il mondo attraverso gli occhi di Alex.

La trama è solo un pretesto. La domanda sottintesa dall'inizio alla fine: è meglio un uomo libero di scegliere il male o una creatura incapace di compiere il male perché privata della propria volontà? Burgess non offre risposte facili. Ci mette di fronte all'ambiguità della libertà e al costante rischio che una società possa cercare di sopprimerla in nome dell'ordine.

Dopo l'ennesimo crimine, Alex finisce in carcere. Qui gli viene proposta la cura Ludovico, una terapia sperimentale che lo costringe a guardare filmati di violenza fino a sviluppare un disgusto istintivo per ogni atto aggressivo. Non si tratta di una guarigione, ma di una manipolazione. Una forma di violenza più sottile, che si traveste da rieducazione.

"Arancia Meccanica" non è un libro facile. Le scene crude possono disturbare, e il linguaggio inventato richiede un po' di pazienza. Ma è proprio questa sfida che lo rende un'esperienza unica. È un romanzo che interroga, che invita a guardarsi dentro, che mette il lettore di fronte a uno specchio scomodo. Un classico che non invecchia, perché le domande che solleva, sulla libertà, sul potere e sulla manipolazione, rimangono, oggi più che mai, terribilmente attuali.

Anthony Burgess – Arancia Meccanica

Arancia meccanica - Anthony Burgess - copertina 

 

 

domenica 7 settembre 2025

Franco Lorenzoni – I bambini ci guardano (ed. Sellerio editore Palermo)

 

Una scuola che pensa, ascolta e resiste al vento contrario

"I bambini ci guardano" di Franco Lorenzoni non si tratta di un saggio accademico, né di un manuale, e nemmeno di un diario scolastico nel senso più stretto del termine. È qualcosa di unico, e forse più prezioso è un racconto sincero e autentico di un insegnante che ha scelto di praticare un’educazione diversa, attenta e lenta. Una scuola che non si lascia trascinare dalle mode didattiche, ma si ferma ad ascoltare.

Lorenzoni non offre risposte facili. Non dà formule preconfezionate. Al contrario, si muove con l’umiltà di chi sa che l’educazione non è una scienza esatta. Apre spazi, pone domande e invita a riflettere. E i bambini rispondono: con parole che sorprendono, emozionano e spesso disarmano per la loro chiarezza.

Si affrontano temi importanti: migrazioni, guerre, giustizia, libertà, ma lo si fa dal punto di vista di una classe elementare. E funziona. Perché Lorenzoni crede davvero che anche i più piccoli possano confrontarsi con le questioni fondamentali della vita. Non per semplificarle, ma per guardarle con occhi nuovi. Più liberi, meno condizionati.

In questo viaggio, l’autore intreccia filosofia, storia, matematica, arte e teatro con naturalezza. Senza forzature. Perché la conoscenza non è divisa in compartimenti stagni, e l’intelligenza fiorisce proprio nei punti di contatto tra le diverse discipline.

La scuola descritta in questo libro non è perfetta, ma è viva. È una scuola che sbaglia, che sperimenta e che si mette in discussione. Ed è proprio per questo che riesce a educare davvero: non forma allievi obbedienti, ma cittadini pensanti. "I bambini ci guardano" è anche una dichiarazione civile. Contro la scuola che costruisce ponti e non barriere.

I bambini ci guardano. Una esperienza educativa controvento

I bambini ci guardano. Una esperienza educativa controvento - Franco Lorenzoni - copertina 

domenica 24 agosto 2025

Andrew Leatherbarrow – Fukushima, il sole si scioglie. Quando l’ingegneria non basta (e forse non è mai bastata) (trad. Anna Zafesova, ed. Salani Editore)

 

Ci sono libri che raccontano di disastri. Altri, più rari, si concentrano su ciò che c’era prima. Le cause nascoste, le decisioni silenziose, gli errori travestiti da competenza. "Fukushima. Il sole si scioglie" di Andrew Leatherbarrow rientra in questa seconda categoria. Non è un libro che cerca di stupire, e non ha questa ambizione. È un'opera che ti invita a rallentare, a mettere da parte le notizie e ad ascoltare una storia più ampia. Una storia in cui il vero protagonista non è il terremoto del 2011, né lo tsunami che ha colpito la centrale. Il protagonista è l’uomo. O meglio: il sistema. Leatherbarrow non ci guida attraverso l’incidente come aveva fatto in modo brillante con "Chernobyl 01:23:40". Qui, opta per un approccio più sottile e insidioso. Ricostruisce decenni di scelte politiche, pressioni economiche e compromessi tecnici. Mette in evidenza come la dipendenza del Giappone dal nucleare sia emersa non per convinzione, ma per necessità. E lungo questo percorso, la sicurezza è diventata una parola d’uso comune, ma priva di un vero significato concreto. La sensazione, pagina dopo pagina, è inquietante. Come se l’ingegneria, quella che dovrebbe proteggerci, fosse stata usata principalmente per nascondere l’enormità dei rischi. Come se dietro ogni impianto e ogni protocollo ci fosse un accordo non scritto: se tutto va bene, nessuno ne parlerà. Se va male, diremo che nessuno poteva prevederlo. E invece, qualcuno poteva. Qualcuno doveva. Questo non è un libro contro il nucleare. Non è nemmeno un libro ideologico. È un invito a porci la domanda più seria di tutte: non tanto se possiamo fidarci di questa tecnologia, ma se possiamo davvero fidarci di chi la gestisce. E se, dopo averlo letto, non troviamo una risposta chiara, forse è perché la domanda era giusta.

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Fukushima. Il sole si scioglie 

domenica 17 agosto 2025

Daniel Pennac – Capolinea Malaussene (trad. Yasmina Mélaouah, ed. Universale Economica Feltrinelli)

 

Un commovente e nostalgico addio a una delle famiglie più amate della letteratura contemporanea? Ci sono libri che, appena li apri, ti fanno sentire come se stessi chiudendo un cerchio. "Capolinea Malaussène" di Daniel Pennac è sicuramente uno di questi, come suggerisce il titolo. Pennac torna alla sua bizzarra e irresistibile tribù di Belleville, riportandoci in quel microcosmo familiare anarchico e affollato che i lettori della saga conoscono così bene. Ritroviamo Benjamin Malaussène, l'eterno capro espiatorio, con la sua dolce rassegnazione e la sua straordinaria capacità di rimanere al centro del caos senza mai esserne davvero sopraffatto.

Quello che sembra l'inizio di una performance artistica si trasforma rapidamente in un evento drammatico: un rapimento, un mistero, una verità che emerge lentamente. Pennac tesse una trama che, sebbene possa sembrare complessa, è in realtà ben orchestrata, dove nulla è lasciato al caso e ogni personaggio, anche il più marginale, ha un ruolo ben definito.

Il romanzo è ricco di riferimenti ai precedenti episodi della saga, ma questo non è un limite. Al contrario, rappresenta un elemento di coerenza narrativa che arricchisce l'esperienza di lettura. Anche chi non ha letto tutti i volumi può facilmente lasciarsi coinvolgere: lo stile è accessibile, il tono sempre vivace, capace di alternare ironia e malinconia con grande naturalezza.

La vera forza del libro, però, risiede in quel senso di conclusione imminente che lo pervade. Non c'è enfasi né retorica, solo una sottile consapevolezza: le storie, come le persone, invecchiano. E quando giungono al capolinea, lo fanno con dignità. Ma questo non significa che smettano di esistere. Rimangono nella memoria del lettore, pronte a essere riscoperta, magari solo sfogliando una vecchia pagina.

È davvero l’ultimo libro della saga? Forse sì. Ma anche se così fosse, è un finale che ha senso. Una chiusura sincera, affettuosa, che rende giustizia al mondo che Pennac ha saputo creare in oltre trent’anni.

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Frasi sottolineate

Benjamin è al corrente?”

No, figuriamoci. Sigma lo protegge, Benjamin, da tutte questi giochetti della modernità. Dice che non sarebbe contento di scoprire che oggi la verità è qualcosa che si costruisce.”


...trasformate ogni rogna in un’occasione di apprendimento.

Capolinea Malaussène - Daniel Pennac - copertina 

domenica 3 agosto 2025

Andrea Mancino - Come farsi addomesticare dal proprio gatto (ed. De Agostini)

 

“Mentre noi pensiamo di addomesticare loro, in realtà sono loro ad addomesticare noi”

Ci sono libri che iniziano come piccoli giochi di parole e si trasformano, lentamente, in riflessioni profonde sulla nostra vita quotidiana. "Come farsi addomesticare dal proprio gatto" di Andrea Mancino è proprio questo: un libro che sembra leggero, quasi ironico, ma che sotto la superficie nasconde un messaggio molto serio. Con delicatezza. Senza mai prendersi troppo sul serio.

Il titolo stesso è una chiara dichiarazione d’intenti. L’idea centrale è semplice, e chi vive con un gatto lo sa bene: pensiamo di educare i nostri animali domestici, ma in realtà sono loro a insegnare a noi. O meglio: sono loro a riplasmare le nostre abitudini, a ridefinire i nostri spazi, a ristrutturare la nostra routine. Il tutto con la discrezione di chi non chiede mai, ma riesce sempre a ottenere ciò che vuole.

Andrea Mancino scrive in modo diretto e essenziale. Non cerca effetti speciali. Condivide la sua esperienza con due gatti che, pagina dopo pagina, si rivelano molto più di semplici animali da compagnia. Sono osservatori silenziosi, compagni imprevedibili e, senza alcuna pretesa, insegnanti inconsapevoli di autenticità.

C’è un passaggio che mi ha colpito per la sua semplicità:

“Perché modificare me stesso per piacere agli altri?”

Questa domanda nasce dallo sguardo di un gatto, un animale che incarna la libertà, incapace di fingere, di nascondersi, di vivere per compiacere. Mancino la pone senza alcuna retorica, quasi con un senso di meraviglia. E in quella domanda si apre un varco più ampio: il libro diventa una riflessione sul nostro modo di essere, spesso intrappolato da aspettative esterne, ruoli e una ricerca di approvazione che ci allontana dalla nostra vera essenza.

La forza del libro risiede proprio qui: nella sua abilità di mescolare aneddoti teneri e divertenti con spunti di riflessione profonda, senza mai risultare pesante.

In un mondo di libri che spesso cercano di attirare l'attenzione, "Come farsi addomesticare dal proprio gatto" si distingue per la sua voce calma, il suo sottile senso dell'umorismo e una verità semplice: non siamo sempre noi a decidere come vivere; a volte, sono gli incontri inaspettati, anche con un gatto, a guidarci verso un percorso più autentico.

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Come farsi addomesticare dal proprio gatto - Andrea Mancino - copertina 

domenica 27 luglio 2025

Ilaria Tuti – Come vento cucito alla terra (ed. TEA Superpocket)

Ci sono libri che raccontano di guerra e altri che si concentrano sulle persone che vivono la guerra. "Come vento cucito alla terra" di Ilaria Tuti rientra nella seconda categoria.


Durante la Prima guerra mondiale un gruppo di donne medico decide di partire come volontarie per curare i soldati feriti: prima in Francia, poi in Belgio e infine in Inghilterra. Ma il vero nemico non è solo quello che spara dall'altra parte del fronte; è un avversario più insidioso: il pregiudizio.

In un'epoca in cui le donne erano viste come inadatte alla medicina e ad altre attività, queste protagoniste sfidano ogni convenzione. Non solo devono mantenere in vita corpi lacerati, ma devono anche difendere ogni giorno il loro diritto di farlo.

La scrittura di Tuti è chiara e diretta. Non si perde in retorica o sentimentalismi. Ci guida attraverso le sale operatorie improvvisate, tra gli sguardi dei feriti, nell'aria carica dell'odore di sangue e disinfettanti. E lo fa con una delicatezza che non manca di fermezza.

Il titolo, "Come vento cucito alla terra", è un'immagine perfetta. Queste donne sono come un soffio di vento, capaci di portare sollievo. Ma sono anche salde, radicate, impossibili da piegare.

Accanto alla narrazione storica, si intreccia una storia d'amore che sboccia nel contesto più inaspettato: la guerra. Un amore che diventa simbolo di libertà, capace di fiorire nonostante tutto.

Quello di Tuti non è solo un romanzo storico. È un libro che parla di coraggio, dignità e cura. Ci ricorda che la vera forza si misura nei gesti silenziosi, nelle battaglie invisibili, nella scelta di rimanere umani anche quando sarebbe più facile chiudersi in sé stessi.


Frase sottolineata

“Che tu resti con tua figlia, Cate, o la affidi ad altri per inseguire il futuro che vuoi per entrambe, ci sarà sempre qualcuno che non capirà, che dirà che sbagli…”

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Come vento cucito alla terra - Ilaria Tuti - copertina 

domenica 20 luglio 2025

Roberto Morelli – DISCIPLINA DA NAVY SEAL: Come sviluppare la mentalità, la forza di volontà e l'autodisciplina delle forze speciali più temute al mondo (Auto pubblicato)

 

Ci sono libri che ingannano già dalla copertina. Non tanto per malizia, quanto per la difficoltà di inquadrarli a prima vista. All’inizio, devo ammettere, non era affatto chiaro che tipo di libro fosse questo di Roberto Morelli: un manuale per scolpire un fisico d’acciaio, in stile Navy SEAL? Un’autobiografia ricca di aneddoti militari? Niente di tutto ciò.

Morelli parte da un dato che potrebbe sembrare banale, ma in realtà nasconde un’osservazione profonda: solo il 25% dei candidati riesce a superare la durissima selezione dei Navy SEAL. E a farcela non è il più forte o il più veloce, ma chi ha una motivazione autentica, quasi viscerale.

Questa idea diventa il cuore del libro. Non ci parla di muscoli, ma di mente. Non di addominali scolpiti, ma di pensieri chiari e determinazione granitica. Morelli ci guida, con un tono semplice e diretto, in un percorso che non assomiglia a un addestramento fisico, ma a un allenamento interiore. Un viaggio fatto di strategie, piccole abitudini quotidiane e esercizi mentali.

La scrittura è volutamente essenziale, quasi scarna, come una serie di appunti presi in fretta ma con chiarezza. Le sezioni brevi sono perfette per chi non ha mai affrontato testi di crescita personale: ogni concetto arriva dritto al punto, senza fronzoli, pronto per essere messo alla prova nella vita reale.

Certo, a chi cerca dettagli sull’addestramento reale dei SEAL, sudore, notti insonni, missioni impossibili, non è questo il libro giusto. E chi ha già letto altri manuali di self-help potrebbe riconoscere concetti già noti.

Ma se ci si avvicina a queste pagine con lo spirito giusto, si scopre un invito a riscoprire la motivazione come nucleo centrale della disciplina. La forza interiore, ci ricorda Morelli, è l’unica arma davvero indispensabile per affrontare le sfide, sia sul campo di battaglia che nella vita di tutti i giorni.

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DISCIPLINA DA NAVY SEAL: Come sviluppare la mentalità, la forza di volontà e l'autodisciplina delle forze speciali più temute al mondo - copertina