domenica 14 settembre 2025

Anthony Burgess – Arancia Meccanica (trad. Marco Rossari, ed. Einaudi, Super ET)

Ci sono libri che non si limitano a raccontare una storia, ma ci costringono a confrontarci con domande scomode. "Arancia Meccanica", pubblicato nel 1962 da Anthony Burgess, è uno di questi. Il protagonista, Alex, è un quindicenne carismatico e spietato, che trascorre le notti tra furti, aggressioni e violenze. È sia repellente che affascinante. Burgess gli affida la narrazione in prima persona e crea per lui un linguaggio unico, una miscela di lingue e parole reinventate. Inizialmente disorienta, ma presto diventa familiare, costringendo il lettore a vedere il mondo attraverso gli occhi di Alex.

La trama è solo un pretesto. La domanda sottintesa dall'inizio alla fine: è meglio un uomo libero di scegliere il male o una creatura incapace di compiere il male perché privata della propria volontà? Burgess non offre risposte facili. Ci mette di fronte all'ambiguità della libertà e al costante rischio che una società possa cercare di sopprimerla in nome dell'ordine.

Dopo l'ennesimo crimine, Alex finisce in carcere. Qui gli viene proposta la cura Ludovico, una terapia sperimentale che lo costringe a guardare filmati di violenza fino a sviluppare un disgusto istintivo per ogni atto aggressivo. Non si tratta di una guarigione, ma di una manipolazione. Una forma di violenza più sottile, che si traveste da rieducazione.

"Arancia Meccanica" non è un libro facile. Le scene crude possono disturbare, e il linguaggio inventato richiede un po' di pazienza. Ma è proprio questa sfida che lo rende un'esperienza unica. È un romanzo che interroga, che invita a guardarsi dentro, che mette il lettore di fronte a uno specchio scomodo. Un classico che non invecchia, perché le domande che solleva, sulla libertà, sul potere e sulla manipolazione, rimangono, oggi più che mai, terribilmente attuali.

Anthony Burgess – Arancia Meccanica

Arancia meccanica - Anthony Burgess - copertina 

 

 

domenica 7 settembre 2025

Franco Lorenzoni – I bambini ci guardano (ed. Sellerio editore Palermo)

 

Una scuola che pensa, ascolta e resiste al vento contrario

"I bambini ci guardano" di Franco Lorenzoni non si tratta di un saggio accademico, né di un manuale, e nemmeno di un diario scolastico nel senso più stretto del termine. È qualcosa di unico, e forse più prezioso è un racconto sincero e autentico di un insegnante che ha scelto di praticare un’educazione diversa, attenta e lenta. Una scuola che non si lascia trascinare dalle mode didattiche, ma si ferma ad ascoltare.

Lorenzoni non offre risposte facili. Non dà formule preconfezionate. Al contrario, si muove con l’umiltà di chi sa che l’educazione non è una scienza esatta. Apre spazi, pone domande e invita a riflettere. E i bambini rispondono: con parole che sorprendono, emozionano e spesso disarmano per la loro chiarezza.

Si affrontano temi importanti: migrazioni, guerre, giustizia, libertà, ma lo si fa dal punto di vista di una classe elementare. E funziona. Perché Lorenzoni crede davvero che anche i più piccoli possano confrontarsi con le questioni fondamentali della vita. Non per semplificarle, ma per guardarle con occhi nuovi. Più liberi, meno condizionati.

In questo viaggio, l’autore intreccia filosofia, storia, matematica, arte e teatro con naturalezza. Senza forzature. Perché la conoscenza non è divisa in compartimenti stagni, e l’intelligenza fiorisce proprio nei punti di contatto tra le diverse discipline.

La scuola descritta in questo libro non è perfetta, ma è viva. È una scuola che sbaglia, che sperimenta e che si mette in discussione. Ed è proprio per questo che riesce a educare davvero: non forma allievi obbedienti, ma cittadini pensanti. "I bambini ci guardano" è anche una dichiarazione civile. Contro la scuola che costruisce ponti e non barriere.

I bambini ci guardano. Una esperienza educativa controvento

I bambini ci guardano. Una esperienza educativa controvento - Franco Lorenzoni - copertina 

domenica 24 agosto 2025

Andrew Leatherbarrow – Fukushima, il sole si scioglie. Quando l’ingegneria non basta (e forse non è mai bastata) (trad. Anna Zafesova, ed. Salani Editore)

 

Ci sono libri che raccontano di disastri. Altri, più rari, si concentrano su ciò che c’era prima. Le cause nascoste, le decisioni silenziose, gli errori travestiti da competenza. "Fukushima. Il sole si scioglie" di Andrew Leatherbarrow rientra in questa seconda categoria. Non è un libro che cerca di stupire, e non ha questa ambizione. È un'opera che ti invita a rallentare, a mettere da parte le notizie e ad ascoltare una storia più ampia. Una storia in cui il vero protagonista non è il terremoto del 2011, né lo tsunami che ha colpito la centrale. Il protagonista è l’uomo. O meglio: il sistema. Leatherbarrow non ci guida attraverso l’incidente come aveva fatto in modo brillante con "Chernobyl 01:23:40". Qui, opta per un approccio più sottile e insidioso. Ricostruisce decenni di scelte politiche, pressioni economiche e compromessi tecnici. Mette in evidenza come la dipendenza del Giappone dal nucleare sia emersa non per convinzione, ma per necessità. E lungo questo percorso, la sicurezza è diventata una parola d’uso comune, ma priva di un vero significato concreto. La sensazione, pagina dopo pagina, è inquietante. Come se l’ingegneria, quella che dovrebbe proteggerci, fosse stata usata principalmente per nascondere l’enormità dei rischi. Come se dietro ogni impianto e ogni protocollo ci fosse un accordo non scritto: se tutto va bene, nessuno ne parlerà. Se va male, diremo che nessuno poteva prevederlo. E invece, qualcuno poteva. Qualcuno doveva. Questo non è un libro contro il nucleare. Non è nemmeno un libro ideologico. È un invito a porci la domanda più seria di tutte: non tanto se possiamo fidarci di questa tecnologia, ma se possiamo davvero fidarci di chi la gestisce. E se, dopo averlo letto, non troviamo una risposta chiara, forse è perché la domanda era giusta.

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Fukushima. Il sole si scioglie 

domenica 17 agosto 2025

Daniel Pennac – Capolinea Malaussene (trad. Yasmina Mélaouah, ed. Universale Economica Feltrinelli)

 

Un commovente e nostalgico addio a una delle famiglie più amate della letteratura contemporanea? Ci sono libri che, appena li apri, ti fanno sentire come se stessi chiudendo un cerchio. "Capolinea Malaussène" di Daniel Pennac è sicuramente uno di questi, come suggerisce il titolo. Pennac torna alla sua bizzarra e irresistibile tribù di Belleville, riportandoci in quel microcosmo familiare anarchico e affollato che i lettori della saga conoscono così bene. Ritroviamo Benjamin Malaussène, l'eterno capro espiatorio, con la sua dolce rassegnazione e la sua straordinaria capacità di rimanere al centro del caos senza mai esserne davvero sopraffatto.

Quello che sembra l'inizio di una performance artistica si trasforma rapidamente in un evento drammatico: un rapimento, un mistero, una verità che emerge lentamente. Pennac tesse una trama che, sebbene possa sembrare complessa, è in realtà ben orchestrata, dove nulla è lasciato al caso e ogni personaggio, anche il più marginale, ha un ruolo ben definito.

Il romanzo è ricco di riferimenti ai precedenti episodi della saga, ma questo non è un limite. Al contrario, rappresenta un elemento di coerenza narrativa che arricchisce l'esperienza di lettura. Anche chi non ha letto tutti i volumi può facilmente lasciarsi coinvolgere: lo stile è accessibile, il tono sempre vivace, capace di alternare ironia e malinconia con grande naturalezza.

La vera forza del libro, però, risiede in quel senso di conclusione imminente che lo pervade. Non c'è enfasi né retorica, solo una sottile consapevolezza: le storie, come le persone, invecchiano. E quando giungono al capolinea, lo fanno con dignità. Ma questo non significa che smettano di esistere. Rimangono nella memoria del lettore, pronte a essere riscoperta, magari solo sfogliando una vecchia pagina.

È davvero l’ultimo libro della saga? Forse sì. Ma anche se così fosse, è un finale che ha senso. Una chiusura sincera, affettuosa, che rende giustizia al mondo che Pennac ha saputo creare in oltre trent’anni.

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Frasi sottolineate

Benjamin è al corrente?”

No, figuriamoci. Sigma lo protegge, Benjamin, da tutte questi giochetti della modernità. Dice che non sarebbe contento di scoprire che oggi la verità è qualcosa che si costruisce.”


...trasformate ogni rogna in un’occasione di apprendimento.

Capolinea Malaussène - Daniel Pennac - copertina 

domenica 3 agosto 2025

Andrea Mancino - Come farsi addomesticare dal proprio gatto (ed. De Agostini)

 

“Mentre noi pensiamo di addomesticare loro, in realtà sono loro ad addomesticare noi”

Ci sono libri che iniziano come piccoli giochi di parole e si trasformano, lentamente, in riflessioni profonde sulla nostra vita quotidiana. "Come farsi addomesticare dal proprio gatto" di Andrea Mancino è proprio questo: un libro che sembra leggero, quasi ironico, ma che sotto la superficie nasconde un messaggio molto serio. Con delicatezza. Senza mai prendersi troppo sul serio.

Il titolo stesso è una chiara dichiarazione d’intenti. L’idea centrale è semplice, e chi vive con un gatto lo sa bene: pensiamo di educare i nostri animali domestici, ma in realtà sono loro a insegnare a noi. O meglio: sono loro a riplasmare le nostre abitudini, a ridefinire i nostri spazi, a ristrutturare la nostra routine. Il tutto con la discrezione di chi non chiede mai, ma riesce sempre a ottenere ciò che vuole.

Andrea Mancino scrive in modo diretto e essenziale. Non cerca effetti speciali. Condivide la sua esperienza con due gatti che, pagina dopo pagina, si rivelano molto più di semplici animali da compagnia. Sono osservatori silenziosi, compagni imprevedibili e, senza alcuna pretesa, insegnanti inconsapevoli di autenticità.

C’è un passaggio che mi ha colpito per la sua semplicità:

“Perché modificare me stesso per piacere agli altri?”

Questa domanda nasce dallo sguardo di un gatto, un animale che incarna la libertà, incapace di fingere, di nascondersi, di vivere per compiacere. Mancino la pone senza alcuna retorica, quasi con un senso di meraviglia. E in quella domanda si apre un varco più ampio: il libro diventa una riflessione sul nostro modo di essere, spesso intrappolato da aspettative esterne, ruoli e una ricerca di approvazione che ci allontana dalla nostra vera essenza.

La forza del libro risiede proprio qui: nella sua abilità di mescolare aneddoti teneri e divertenti con spunti di riflessione profonda, senza mai risultare pesante.

In un mondo di libri che spesso cercano di attirare l'attenzione, "Come farsi addomesticare dal proprio gatto" si distingue per la sua voce calma, il suo sottile senso dell'umorismo e una verità semplice: non siamo sempre noi a decidere come vivere; a volte, sono gli incontri inaspettati, anche con un gatto, a guidarci verso un percorso più autentico.

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Come farsi addomesticare dal proprio gatto - Andrea Mancino - copertina 

domenica 27 luglio 2025

Ilaria Tuti – Come vento cucito alla terra (ed. TEA Superpocket)

Ci sono libri che raccontano di guerra e altri che si concentrano sulle persone che vivono la guerra. "Come vento cucito alla terra" di Ilaria Tuti rientra nella seconda categoria.


Durante la Prima guerra mondiale un gruppo di donne medico decide di partire come volontarie per curare i soldati feriti: prima in Francia, poi in Belgio e infine in Inghilterra. Ma il vero nemico non è solo quello che spara dall'altra parte del fronte; è un avversario più insidioso: il pregiudizio.

In un'epoca in cui le donne erano viste come inadatte alla medicina e ad altre attività, queste protagoniste sfidano ogni convenzione. Non solo devono mantenere in vita corpi lacerati, ma devono anche difendere ogni giorno il loro diritto di farlo.

La scrittura di Tuti è chiara e diretta. Non si perde in retorica o sentimentalismi. Ci guida attraverso le sale operatorie improvvisate, tra gli sguardi dei feriti, nell'aria carica dell'odore di sangue e disinfettanti. E lo fa con una delicatezza che non manca di fermezza.

Il titolo, "Come vento cucito alla terra", è un'immagine perfetta. Queste donne sono come un soffio di vento, capaci di portare sollievo. Ma sono anche salde, radicate, impossibili da piegare.

Accanto alla narrazione storica, si intreccia una storia d'amore che sboccia nel contesto più inaspettato: la guerra. Un amore che diventa simbolo di libertà, capace di fiorire nonostante tutto.

Quello di Tuti non è solo un romanzo storico. È un libro che parla di coraggio, dignità e cura. Ci ricorda che la vera forza si misura nei gesti silenziosi, nelle battaglie invisibili, nella scelta di rimanere umani anche quando sarebbe più facile chiudersi in sé stessi.


Frase sottolineata

“Che tu resti con tua figlia, Cate, o la affidi ad altri per inseguire il futuro che vuoi per entrambe, ci sarà sempre qualcuno che non capirà, che dirà che sbagli…”

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Come vento cucito alla terra - Ilaria Tuti - copertina 

domenica 20 luglio 2025

Roberto Morelli – DISCIPLINA DA NAVY SEAL: Come sviluppare la mentalità, la forza di volontà e l'autodisciplina delle forze speciali più temute al mondo (Auto pubblicato)

 

Ci sono libri che ingannano già dalla copertina. Non tanto per malizia, quanto per la difficoltà di inquadrarli a prima vista. All’inizio, devo ammettere, non era affatto chiaro che tipo di libro fosse questo di Roberto Morelli: un manuale per scolpire un fisico d’acciaio, in stile Navy SEAL? Un’autobiografia ricca di aneddoti militari? Niente di tutto ciò.

Morelli parte da un dato che potrebbe sembrare banale, ma in realtà nasconde un’osservazione profonda: solo il 25% dei candidati riesce a superare la durissima selezione dei Navy SEAL. E a farcela non è il più forte o il più veloce, ma chi ha una motivazione autentica, quasi viscerale.

Questa idea diventa il cuore del libro. Non ci parla di muscoli, ma di mente. Non di addominali scolpiti, ma di pensieri chiari e determinazione granitica. Morelli ci guida, con un tono semplice e diretto, in un percorso che non assomiglia a un addestramento fisico, ma a un allenamento interiore. Un viaggio fatto di strategie, piccole abitudini quotidiane e esercizi mentali.

La scrittura è volutamente essenziale, quasi scarna, come una serie di appunti presi in fretta ma con chiarezza. Le sezioni brevi sono perfette per chi non ha mai affrontato testi di crescita personale: ogni concetto arriva dritto al punto, senza fronzoli, pronto per essere messo alla prova nella vita reale.

Certo, a chi cerca dettagli sull’addestramento reale dei SEAL, sudore, notti insonni, missioni impossibili, non è questo il libro giusto. E chi ha già letto altri manuali di self-help potrebbe riconoscere concetti già noti.

Ma se ci si avvicina a queste pagine con lo spirito giusto, si scopre un invito a riscoprire la motivazione come nucleo centrale della disciplina. La forza interiore, ci ricorda Morelli, è l’unica arma davvero indispensabile per affrontare le sfide, sia sul campo di battaglia che nella vita di tutti i giorni.

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DISCIPLINA DA NAVY SEAL: Come sviluppare la mentalità, la forza di volontà e l'autodisciplina delle forze speciali più temute al mondo - copertina 

domenica 13 luglio 2025

Andrea Scanzi - Demolition Man. Matteo Renzi, la tragedia della politica italiana (Ed. Rizzoli)

 

📖 Demolition Man di Andrea Scanzi: una tragedia tutta italiana

E' un libro che racconta la realtà in modo neutro? Oppure, attraverso una lente ben definita? "Demolition Man. Matteo Renzi, la tragedia della politica italiana" di Andrea Scanzi rientra nel secondo caso. Scanzi non è nuovo alla scrittura provocatoria. Conosciamo il suo stile, diretto, incisivo e talvolta impietoso. In questo libro, la sua critica si concentra su un solo protagonista: Matteo Renzi. Il titolo, "Demolition Man", è un gioco di parole amaro. Renzi si era presentato come il rottamatore, l’uomo che avrebbe spazzato via le vecchie incrostazioni della politica italiana. E in parte ci è riuscito. Tuttavia, secondo Scanzi, ha finito per demolire soprattutto la fiducia dei cittadini nella politica, oltre al partito che lo aveva lanciato. Il libro non si limita a raccontare una storia personale; è un ritratto collettivo, un affresco in cui la classe politica italiana appare stanca, autoreferenziale e spesso incapace di mantenere le promesse. Se ne salvano pochi, e "pochi" è un eufemismo che Scanzi non esita a sottolineare. Un capitolo in particolare, “Un uomo di parola”, racchiude perfettamente il senso di questa analisi: una dissezione minuziosa delle promesse, dei voltafaccia e delle scelte tattiche che hanno caratterizzato la carriera di Renzi. Leggendolo, si avverte quasi un senso di amarezza, come se il vero bersaglio dell’autore non fosse solo un singolo politico, ma l’intera idea di un rinnovamento mai davvero realizzato.

Lo stile di Scanzi è fluido, vivace e a tratti divertente, non scivola nella superficialità. Si percepisce la sua rabbia, ma anche la lucidità di chi ha osservato per anni la scena politica italiana, conoscendo a menadito vizi e virtù. Questo libro non è per chi cerca conforto o speranza; è per chi desidera comprendere, anche a costo di arrabbiarsi. Un'opera che svela contraddizioni e fallimenti, invitandoci, con un certo senso di malinconia, a riflettere su cosa significhi davvero "fare politica" in Italia oggi. In sostanza, Demolition Man non è solo un ritratto di Matteo Renzi, ma un piccolo specchio in cui, volenti o nolenti, siamo chiamati a guardarci.

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Demolition Man. Matteo Renzi, la tragedia della politica italiana - Andrea Scanzi - copertina 

domenica 6 luglio 2025

Chiara Frugoni – A letto nel Medioevo. Come e con chi. (ed. il Mulino)

📚 "A letto nel Medioevo" di Chiara Frugoni: un viaggio tra lenzuola e storie

C'è un pensiero che mi torna in mente ogni volta che leggo un libro di storia: ci immergiamo in racconti di guerre, carestie e migrazioni. Esploriamo la Chiesa, le eresie e le epidemie. Ma ci siamo mai chiesti come vivevano realmente le persone, in quei momenti sospesi tra veglia e sonno? Come dormivano nel Medioevo? Chiara Frugoni, una storica di grande talento con il raro dono di saper osservare i dettagli, parte proprio da questa semplice ma affascinante domanda.

Nel suo libro "A letto nel Medioevo. Come e con chi", Frugoni ci guida in un viaggio attraverso le stanze medievali. Non servono interpretazioni forzate: basta osservare. Davvero osservare. Nei dipinti dell’epoca, nei codici miniati e nelle tavole d'altare, il letto emerge come un protagonista silenzioso, capace di raccontare molto più di quanto possiamo immaginare.

Frugoni ci insegna a decifrare questi dettagli con la pazienza di chi osserva una scena familiare, come un avvocato che scruta un testimone in aula. Il letto non era solo un luogo per dormire; era uno spazio sociale, politico e simbolico. Era il posto dove si nasceva, si ricevevano ospiti, si firmavano contratti e, infine, si moriva.

La privacy, come la intendiamo oggi, era un concetto sconosciuto. Si dormiva in compagnia, in letti grandi o piccoli, condividendo calore, paure e pettegolezzi. Il letto era un palcoscenico, un luogo di verità.

Frugoni riesce a farci percepire il peso delle coperte e il mormorio delle preghiere sussurrate prima di chiudere gli occhi. Con uno stile chiaro e preciso, senza mai cadere nella trappola dell’erudizione fine a sé stessa, ci porta in un Medioevo vibrante, fatto di gesti semplici e profondi.

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A letto nel Medioevo. Come e con chi - Chiara Frugoni - copertina 

 

domenica 29 giugno 2025

Tiago Forte – Il tuo secondo cervello. Un metodo senza precedenti per organizzare le informazioni e aumentare la tua efficienza (trad. Paolo Lucca - ed. Sperling & Kupfer)

 

Ci sono libri che ci spingono a spremere ogni goccia di energia mentale, a potenziare la memoria fino a ricordare (o quasi) qualsiasi cosa. E poi ci sono libri come questo, che scelgono un’altra strada, forse più concreta e più vicina alla realtà di oggi. Invece di obbligarci a trattenere ogni minimo dettaglio, ci invitano a fare ordine nella nostra mente, a liberarci del superfluo e a creare un “secondo cervello” che lavori al nostro fianco.

È proprio questo lo scopo del libro di Tiago Forte: non farci diventare macchine perfette, ma aiutarci a costruire un sistema che ci sostenga e ci accompagni, un alleato silenzioso capace di pensare con noi. A un primo sguardo, potrebbe sembrare il solito manuale di produttività, pensato per chi si sente sommerso dalle informazioni e cerca una via d’uscita. Ma "Il tuo secondo cervello" è molto di più. È un libro pratico, che non fa promesse miracolistiche, ma offre strumenti concreti.

Forte non si atteggia a guru. Scrive con chiarezza, usando una prosa funzionale ma mai sciatta. Introduce l’idea che, in un mondo in cui siamo sommersi da informazioni, non possiamo più affidarci solo alla nostra mente biologica. Abbiamo bisogno di un sistema. Abbiamo bisogno di un metodo. E così, il secondo cervello diventa un ambiente dove possiamo raccogliere, elaborare e riutilizzare le informazioni in modo intelligente. Non solo per ricordare, ma per pensare meglio.

Il cuore del libro è il metodo PARA (Progetti, Aree, Risorse, Archivio), che potrebbe sembrare tecnico, ma in realtà è un esercizio di chiarezza mentale. È come se Forte ci dicesse: smettila di accumulare, inizia a collegare. Non è necessario sapere tutto. È importante sapere dove trovare ciò che ti serve, quando ti serve, e soprattutto come trasformarlo in qualcosa di tuo.

In questo libro c’è la consapevolezza che non possiamo ricordare tutto. E che non dobbiamo farlo. Delegare alla tecnologia non è una resa, ma un atto di intelligenza se ci permette di concentrarci su ciò che conta davvero.

Il tuo secondo cervello è un libro che non fa rumore. Ma lascia tracce. Non si legge per essere ispirati, si legge per cambiare abitudini. E quando si chiude l’ultima pagina, si ha la sensazione – preziosa – di aver imparato qualcosa che potrà davvero servire.

Frasi sottolineate

Verum ipsum factum (vero è ciò che è fatto), del filosofo Giambattista Vico, vissuto a cavallo tra XVII e XVIII secolo. In altre parole, conosciamo solo ciò che facciamo. Per conoscere davvero qualcosa non basta leggerlo su un libro. Finché non le mettiamo in pratica, le idee restano solo pensieri.

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Il tuo secondo cervello. Un metodo senza precedenti per organizzare le informazioni e aumentare la tua efficienza - Tiago Forte,Paolo Lucca - ebook 

domenica 22 giugno 2025

Viktor E. Frankl - Uno psicologo nei lager. (trad. Nicoletta Schmitz Sipos, Matteo Franco ed. Franco Angeli)

 

Nel settembre del 1942, Frankl fu deportato nel campo di Theresienstadt. Successivamente passò per Auschwitz, Kaufering III e Türkheim: quattro campi di concentramento. Ne uscì vivo! "Uno psicologo nei lager" è un libro che è nato da queste esperienze.

Non è un libro facile da catalogare. Non è un memoriale, anche se racconta la dura realtà dei campi. Non è un saggio di psicologia.

È, però, una testimonianza della straordinaria capacità umana di resistere, di scegliere, anche nel buio più profondo.
Frankl ha osservato se stesso e gli altri prigionieri con lo sguardo di uno studioso, ma anche con quello di un uomo ferito.

Ha cercato di capire perché alcuni abbiano ceduto e altri, nonostante le sofferenze inimmaginabili, siano riusciti a mantenere viva una scintilla interiore.
La risposta non l’ha trovata nella forza fisica, né in una speranza vaga del “andrà tutto bene”.

È piuttosto nella capacità di dare un significato alla propria sofferenza, di trovare un senso anche dove sembra non essercene affatto.

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Uno psicologo nei lager. E altri scritti inediti. Nuova ediz. - Viktor E. Frankl - copertina 

domenica 15 giugno 2025

Rossana Campo - Fare l’amore (ed. Ponte alle Grazie)

 

Cos’è, in fondo, la dipendenza affettiva? Non si tratta solo di un attaccamento eccessivo. È qualcosa di più sottile e insidioso: la necessità dell’altro come unica fonte di significato, anche quando l’altro non è realmente presente. O, peggio ancora, quando c’è, ma solo in modo superficiale.

Susi, la protagonista di questa storia, una donna sposata con un passato sentimentale piuttosto turbolento, incontra Mario. È completamente diverso da lei: per estrazione sociale, modo di pensare, persino nel suo approccio alla vita. Eppure, Susi si innamora. Così tanto da mettere in discussione tutto: se stessa, il suo matrimonio, la sua vita.

Mario, però, è chiaro: ama un’altra persona. Ma questo non gli impedisce di frequentare Susi, di lasciarsi desiderare. Lei si aggrappa a ciò che c’è, e a ciò che spera ci sia. Fino a quando la verità, come spesso accade, non si presenta senza mezzi termini.

È su questo terreno che si muove Rossana Campo in "Fare l’amore". Un romanzo breve, scritto in prima persona, che ha il tono di una confidenza e il ritmo spezzato dei pensieri che emergono nelle notti insonni. La protagonista cammina per le strade di Parigi, ma più che altro attraversa la geografia interiore del rimpianto, della solitudine e di un desiderio che non si lascia domare.

La scrittura è diretta e sincera. Non c’è compiacimento né dramma gratuito. Campo riesce a rendere poetica anche la disfatta emotiva, senza mai farla sembrare artificiale. Non offre risposte né morali. Solo uno sguardo chiaro, a volte spietato, sulla verità delle relazioni quando l’amore diventa un pretesto per non guardarsi davvero dentro.

A chi consiglio questo libro? A chi ha sperimentato l’ambiguità di certi legami. A chi comprende che amare, a volte, è solo una forma più raffinata di dipendenza. A chi cerca nella letteratura non un rifugio, ma una chiarezza.

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Fare l'amore - Rossana Campo - copertina 

domenica 18 maggio 2025

Chiara Galeazzi – Poverina (ed. Blackie)

 

“Poverina” di Chiara Galeazzi – Una voce che si rialza, un corpo che ricomincia

Un attacco di panico, o almeno così sembrava. Chiara si trovava da sola in casa, con il cuore che batteva all'impazzata, il respiro affannato e un corpo che sembrava non rispondere. Ma non era panico. Era un ictus. A soli trentasei anni.

"Poverina" non è solo la cronaca di un evento traumatico. È il diario lucido e spietato di un anno sospeso, in cui Chiara Galeazzi, giornalista, autrice e voce brillante della contemporaneità, si confronta con la fragilità del corpo e, insieme, con la narrazione di sé.

Il titolo, "Poverina", è una trappola semantica: da un lato evoca lo sguardo pietoso, spesso paternalistico, che si posa sulla malattia degli altri, un modo per ridurre il dolore altrui a qualcosa che ci fa sentire più al sicuro. Dall'altro, è una provocazione. Perché Galeazzi non cerca compassione, né indulgenza. Vuole parole per raccontare la verità di ciò che le è accaduto, senza filtri e senza eroismi.

Il suo percorso di riabilitazione, fisica, emotiva e sociale, è segnato da domande più che da certezze. Perché è successo a me? Tornerò mai come prima? Posso ancora fidarmi del mio corpo? E, soprattutto, come si vive quando tutto ciò che ti definiva, il lavoro, la velocità, la voce, viene messo in discussione? Chiara riprende a camminare, a muovere una mano, a scrivere. E mentre lo fa, smantella con un'ironia affilata e una lucidità chirurgica la retorica della malattia “che ti cambia in meglio”. Non c'è spazio per edulcorazioni. C'è invece spazio per l'onestà di chi riconosce che la paura è ancora presente, che la fatica non sempre si trasforma in forza, e che guarire non significa tornare indietro, ma piuttosto iniziare un nuovo capitolo tutto da esplorare.

La scrittura è asciutta e precisa, capace di passare da toni incisivi a momenti di dolcezza in un attimo. Non c’è mai un senso di compiacimento, eppure ogni pagina è intrisa di una voce incredibilmente personale, in grado di parlare anche a chi non ha vissuto quella paura. È una voce che si racconta senza cercare di diventare un simbolo, ma proprio per questo riesce a toccare tutti. "Poverina" è un libro imprescindibile. Non solo per ciò che dice sulla malattia, ma anche per ciò che ci spinge a riflettere su come la società tratta chi si trova in difficoltà. È un memoir che si trasforma in un saggio esistenziale, un diario di una battaglia silenziosa, un atto di coraggio sobrio. Di quelli che non fanno rumore, ma che lasciano un'impronta profonda.

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Poverina - Chiara Galeazzi - copertina

domenica 11 maggio 2025

Marco Buticchi – Scusi, bagnino, l’ombrellone non funziona (ed. Longanesi)

 

Ci sono libri che si leggono sotto l’ombrellone, leggeri come l’estate richiede. E poi ci sono libri che parlano dell’ombrellone, o meglio, di tutto ciò che gli gira attorno: il microcosmo tragicomico della spiaggia italiana. "Scusi, bagnino, l’ombrellone non funziona" di Marco Buticchi riesce a essere entrambe le cose.

Se lo leggi distrattamente, potrebbe sembrare solo una raccolta di esagerazioni grottesche e situazioni al limite dell’assurdo. Ma, come spesso accade, è solo un modo per avvicinarsi a ciò che di solito ignoriamo. Perché diciamolo chiaramente: l’Italia balneare è un mondo a parte, con le sue regole non scritte, i suoi personaggi ricorrenti e le sue tragicommedie quotidiane.

Le pagine scorrono come una conversazione sulla battigia, tra richieste assurde e invasioni di campo da parte di turisti sempre sopra le righe. Certo, viene da chiedersi se certi episodi siano reali o frutto di fantasia. Ma, alla fine, serve davvero saperlo? A volte, la realtà è più esagerata della fantasia. E chi ha trascorso almeno un’estate in uno stabilimento balneare ha sicuramente visto certe cose. O, almeno, le ha sfiorate.

Il tono di Buticchi è scanzonato e a tratti surreale, ma riesce anche a far emergere una verità più profonda: dietro la risata si nasconde spesso una riflessione sul nostro modo di vivere gli spazi comuni, sul bisogno di sentirci serviti, al centro dell’attenzione, e a volte persino un po’ ridicoli.

Non è un romanzo che ti cambia la vita. Non è un saggio illuminante. Ma è un libro intelligente nel suo non prendersi troppo sul serio. E questo, soprattutto d’estate, è un grande pregio.

Perfetto da leggere con i piedi nella sabbia e un sorriso ironico sulle labbra. E magari, alla prossima richiesta al bagnino, ci penserete due volte.

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Scusi, bagnino, l'ombrellone non funziona - Marco Buticchi - copertina

domenica 4 maggio 2025

Levy Henriksen – Norwegian Blues (trad. Giovanna Paterniti, ed. Iperborea)

 

Alcune storie si insinuano silenziosamente, come una melodia che inizia con una nota bassa, quasi distratta. E poi, poco a poco, ti avvolgono. “Norwegian Blues” di Levi Henriksen è proprio una di queste. Un libro dove la musica è l'occasione per parlare della vita che continua a pulsare anche quando nessuno la ascolta più.

Il protagonista, un produttore discografico, è un uomo che ha perso il contatto con ciò che conta davvero. Lo troviamo in un momento di crisi creativa, in quella zona grigia dell’anima dove tutto sembra già sentito e già visto. È in questa nebbia che accade l’inatteso: durante una funzione in una chiesa, incontra un trio di ottuagenari che cantano con una forza capace di abbattere ogni pregiudizio. Non sono belli, non sono giovani, ma hanno qualcosa che nel suo mondo rarefatto è diventato merce rara: autenticità.

Henriksen scrive con una leggerezza apparente di chi sa che le parole, se troppo ornate, smettono di dire la verità. La sua lingua è essenziale, quasi pudica, e proprio per questo potente. C’è una malinconia di fondo che somiglia molto alla saggezza: quella che arriva con gli anni, ma solo per chi ha il coraggio di confrontarsi con il proprio passato.

Questa storia è una riflessione, tenera e mai retorica, su ciò che resta quando tutto il resto si consuma: la voce, l’esperienza, il senso delle cose fatte senza un secondo fine. È anche — e forse soprattutto — un elogio della lentezza, dell’imperfezione, del tempo che non è nemico ma complice, se solo impariamo ad ascoltarlo.

“Norwegian Blues” non urla. Non ha bisogno di farlo. Ti accompagna con passo sicuro, tra sorrisi amari e scoperte luminose, ricordandoti che a volte la vera bellezza arriva da dove meno te l’aspetti. E che sì, i valori — quelli veri, non quelli da slogan — contano ancora. Magari non fanno notizia, ma fanno la differenza.

Un libro che sembra una ballata blues: semplice in apparenza, ma con dentro tutto il necessario per commuoverti. E per farti venire voglia di ricominciare a sentire, davvero.

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Frasi sottolineate

… i momenti magici della musica scaturiscono proprio dall’imprevedibilità. Quando si sbaglia un collegamento e ciò nonostante ecco la luce, ecco la vita che colma il cuore di qualcosa impossibile da spiegare.

Uno scrittore di cui avevo letto un’intervista sosteneva che i libri migliori sono quelli mai scritti. Capivo molto bene che cosa intendesse. A volte il successo più grande sta nel fallire invece che ripetere sempre lo stesso successo.

“Dicono che pensare troppo non abbia mai portato a niente di buono.”

Il vero amore non è quello che si proclama ai quattro venti o che dà vita a lunghe e contorte poesie senza punteggiatura. No. Il vero amore non occupa più spazio di due mani una accanto all’altra sul sedile posteriore di un’auto.

Norwegian blues - Levi Henriksen - copertina

domenica 27 aprile 2025

David Sedaris – Mi raccomando tutti vestiti bene (trad. Matteo Colombo – ed. Mondadori)

 

Confesso che prima di leggere questo libro, David Sedaris mi era completamente sconosciuto. Non è solo una frase di circostanza, ma una realtà che va presa per quello che è. Forse è proprio per questo, non avendo idea di cosa aspettarmi, mi ha davvero colto di sorpresa. In modo positivo, per fortuna.

"Mi raccomando: tutti vestiti bene" è una raccolta di brevi testi autobiografici, sono frammenti di memoria narrati con un tocco comico che spesso sfiora l'assurdo. Sedaris parla di sé, della sua famiglia, della sua infanzia e giovinezza, delle sue stranezze. Lo fa con una voce inconfondibile, ironica ma mai cinica, dissacrante ma profondamente umana.

La famiglia è il fulcro del libro. Una famiglia numerosa, eccentricamente normale. Ogni membro è descritto con attenzione, attraverso aneddoti che a volte sono surreali, altre volte teneri, ma sempre credibili. E nella credibilità – anche quando è distorta dall'ironia – si cela la forza della narrazione. Perché ciò che Sedaris ci mostra non è solo la sua famiglia, ma l'idea stessa di famiglia: le tensioni, le abitudini, i silenzi, le contraddizioni.

C'è un umorismo particolare nelle pagine di questo libro. Un umorismo che non si limita a far ridere, ma invita anche a riflettere. Sedaris ha un talento raro: quello di far luce sugli angoli nascosti della vita quotidiana. Riesce a far emergere piccole verità dalle pieghe delle cose comuni, come se scrivendo cercasse – e forse trovasse – un ordine nel disordine della memoria.

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Frasi sottolineate

A quanto pare non sono in grado di comprendere che le cose importanti per me non lo sono automaticamente anche per gli altri, perciò faccio sempre la figura del missionario, una persona il cui compito è convertire, piuttosto che ascoltare. «Sì, il vostro dio Tiki è molto bello, ma siamo qui per parlare di Gesù.»

Mi raccomando: tutti vestiti bene - David Sedaris - copertina

domenica 20 aprile 2025

Violeta Benini – Voglio venire (ed. Fabbri)

 

Il corpo come territorio da riscoprire: Voglio venire di Violeta Benini

Ho già avuto modo di leggere un libro di Violeta Benini, e ciò che mi ha colpito è stato il suo modo ironico e diretto di affrontare temi complessi, senza mai cadere nella superficialità. In Voglio venire, il tono cambia: rimane diretto, ma diventa più misurato, quasi per sottolineare con maggiore serietà la delicatezza dell’argomento, il piacere sessuale, nella sua accezione più ampia e spesso fraintesa.

Benini si definisce una “divulvatrice”, un neologismo che unisce divulgazione e vulva, e questo già ci fa capire quanto il corpo femminile sia al centro della sua riflessione. Ma non c’è alcuna volontà provocatoria fine a se stessa: c’è piuttosto l’urgenza di restituire dignità e consapevolezza a un aspetto dell’esperienza umana che troppo spesso viene taciuto o messo da parte con imbarazzo.

Il libro affronta in modo sistematico, ma mai noioso, le problematiche legate al piacere, sia maschile che femminile, con un’attenzione particolare al dolore durante i rapporti e al ruolo, spesso trascurato, del pavimento pelvico. Non ci sono ricette miracolose, né toni da guru: l’autrice offre strumenti semplici, esercizi, indicazioni pratiche, ma soprattutto una bussola per orientarsi in un territorio che dovrebbe essere familiare, ma che per molte persone rimane oscuro.

Il messaggio più forte del libro è chiaro, semplice ma potente: provare piacere non è un lusso, è un diritto. E se c’è dolore, non è normale. Può essere affrontato, trattato e compreso. In questo processo, Benini non si propone di sostituirsi ad altri professionisti: indica la strada, ma lascia che siano ginecologi, fisioterapisti e psicologi a intervenire dove necessario. È questa onestà intellettuale che rende il suo lavoro credibile e, soprattutto, utile.

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Voglio venire. Benvenuti orgasmi felici, addio dolore e difficoltà - Violeta Benini,Sara Candida - ebook

domenica 13 aprile 2025

Steve Martin – Un cuore timido (tad. Elena Cantoni - ed. Kowalski)

 

Ci sono libri che raccontano storie uniche, capaci di rimanere nel cuore per la loro delicatezza e profondità. "Un cuore timido" di Steve Martin è uno di questi. Il protagonista, Daniel Pecan Cambridge, è un uomo che si discosta dalla norma, carartterizzato da manie e ossessioni che influenzano ogni suo gesto. Ma dietro questa facciata di una persona apparentemente eccentrica c'è una fragilità vera e propria, una continua ricerca di equilibrio in un mondo che sembra sempre più caotico. Daniel vive seguendo regole che per gli altri possono sembrare incomprensibili. Non può oltrepassare il cordolo del marciapiede se non in condizioni specifiche. La luce nella sua casa deve sempre essere bilanciata: se una lampadina si spegne, un'altra della stessa intensità deve essere accesa. Per lui, non si tratta solo di fissazioni, ma di un modo per dare ordine alla sua vita e tenere sotto controllo l'imprevedibile realtà. Nonostante le sue stranezze, Daniel non è solo un uomo bizzarro. È capace di emozioni profonde, incline all'infatuazione e alla ricerca di amore e comprensione. Il romanzo segue il suo cammino, fatto di piccoli passi, incontri inaspettati e una dolce speranza che emerge tra le sue paure, trovare l'amore. Steve Martin scrive con uno stile semplice e diretto, alternando momenti di leggerezza a riflessioni più profonde. La storia coinvolge il lettore nella mente di Daniel, nelle sue insicurezze e nei suoi desideri. Il finale, poetico e malinconico, ci ricorda che anche chi vive ai margini può trovare il proprio posto nel mondo. E forse, anche qualcuno disposto ad amarlo per quello che è.

Un cuore timido, Steve Martin (Kowalski, 2006) a cura di Serena  Bertogliatti | Liberi di scrivere

domenica 6 aprile 2025

Paola servente - Il problema è che ti penso … (ed. Newton Compton Editori)

Paola Servente ci guida in un territorio che ci è familiare, ma che nasconde insidie: quello delle relazioni umane, con tutte le loro incertezze, contraddizioni e silenzi. In "Il problema è che ti penso…", l’autrice non si limita a narrare una semplice storia d’amore o di attrazione; piuttosto, crea un’indagine profonda sui sentimenti, i desideri e le paure che li accompagnano.

I protagonisti, Martina e Saverio, si ritrovano a lavorare insieme su un progetto estivo, un’esperienza che fin dall’inizio sembra un delicato equilibrio tra diffidenza e curiosità. La loro convivenza forzata diventa così l’occasione per esplorare la complessità delle emozioni umane: ciò che vediamo in superficie può ingannare, i pregiudizi possono offuscare la comprensione, e la sicurezza ostentata può nascondere fragilità profonde.

La scrittura di Servente è fluida e diretta, priva di fronzoli. Con poche parole scelte con cura, riesce a dar vita a personaggi autentici, nei quali è facile riconoscersi. Martina sembra sempre sapere cosa vuole, ma dietro la sua apparente sicurezza si nascondono incertezze e timori. Saverio, d’altro canto, dietro una riservatezza che può sembrare chiusura, rivela un’intensità emotiva sorprendente.

Il “problema” menzionato nel titolo non è solo un pensiero costante per una persona, ma rappresenta qualcosa di più profondo e universale: la difficoltà di comprendere appieno i propri sentimenti, di dare loro un nome senza essere sopraffatti dai dubbi.

Paola ci conduce in un viaggio che, a prima vista, può sembrare leggero e ironico, ma in realtà ci spinge a riflettere su quanto siamo pronti ad ascoltare noi stessi e gli altri.

È un romanzo che intrattiene con intelligenza e ci lascia con una domanda che continua a rimanere nella mente anche dopo aver chiuso l'ultima pagina: siamo davvero in grado di riconoscere ciò che sentiamo?

Frasi sottolineate

Colpo da maestro, va detto: i ragazzini hanno una formidabile velocità di pensiero e di conseguenza di azione-reazione.

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Il problema è che ti penso... - Paola Servente - copertina


domenica 30 marzo 2025

Gian Arturo Ferrari – La storia se ne frega dell’onore (ed. Marsilio, Lucciole)

Ci sono libri che raccontano il passato con la voce monotona degli archivi, e poi ci sono quelli che lo riportano in vita, vibrante e inquietante. "La storia se ne frega dell’onore" appartiene a questa seconda categoria.

Siamo a Milano nel 1936, nel cuore del regime fascista. Luigi Bassetti, un direttore editoriale e oppositore del regime, perde la vita in quello che sembra un semplice incidente stradale. Ma le cose non sono così semplici. C’è un manoscritto scomparso, un’autobiografia esplosiva che potrebbe mettere in discussione una verità tanto sbandierata dal fascismo. E poi c’è Donatella, la compagna di Bassetti, che non si accontenta di risposte superficiali. Un commissario indaga, muovendosi tra ombre che lo sovrastano, tra delazioni e mezze verità.

Il fascismo qui non è solo uno sfondo storico; è un’atmosfera che pervade ogni gesto, ogni conversazione, ogni sguardo. È la paura che costringe a sussurrare invece di parlare, il sospetto che si insinua nelle amicizie, la consapevolezza che la giustizia non è affatto sinonimo di verità.

La scrittura di Ferrari è precisa e diretta. Non si perde in divagazioni inutili, non cerca effetti speciali. Racconta i fatti e lascia che siano i dettagli a parlare. Il risultato è un romanzo che è sia un’indagine che una riflessione sul potere, sulle sue ipocrisie e sulla vulnerabilità di chi cerca di opporsi.

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La storia se ne frega dell'onore - Gian Arturo Ferrari - ebook

domenica 16 marzo 2025

Alice Basso – Scrivere è un mestiere pericoloso (ed. Garzanti)

Vani Sarca scrive per gli altri. È una ghostwriter, il che significa che ogni volta si trasforma in qualcuno di diverso: in un libro è una neuroscienziata, in un altro un’influencer. Questa volta deve raccontare la storia di un’anziana domestica legata alla famiglia più potente di Torino. Un incarico che sembra semplice, almeno in apparenza.

Ma poi, qualcosa non torna. C’è una confessione di un omicidio, avvenuto anni prima, che ha un colpevole diverso. Vani, con il suo talento nel leggere tra le righe, si ritrova suo malgrado coinvolta in un’indagine.

Ad affiancarla c’è il commissario Berganza, un uomo di poche parole e molto fascino, con cui ha iniziato a collaborare. Insieme cercheranno di ricostruire la verità, mescolando intuito, logica e un pizzico di incoscienza.

"Scrivere è un mestiere pericoloso" è il secondo romanzo della serie di Alice Basso con protagonista Vani Sarca, una ghostwriter brillante e sarcastica, che si muove tra parole e misteri con uno stile tutto suo. Se cercate un giallo fuori dagli schemi, con una protagonista irresistibile, questo libro è quello che fa per voi.


Frasi sottolineate

Incredibile quanto le cose che razionalmente sai benissimo ti si cancellino dal cervello quando sei travolto dalle emozioni. Neuroni contro ormoni: sempre una carneficina, e i buoni non vincono quasi mai.

Ma magari è solo che hanno ragione quelli che si spezzano un dito per dimenticarsi il mal di denti. Sembra che l’essere umano abbia spazio dentro di sé per un solo malessere alla volta.

Berganza ha un buon dopobarba. E se n’è messo poco, come le persone di classe…

Scrivere è un mestiere pericoloso - Alice Basso - copertina

domenica 9 marzo 2025

Francesco Bonami – Lo potevo fare anch’io (Ed. Piccola biblioteca Oscar Mondadori)

Quante volte, davanti a un’opera d’arte, soprattutto se moderna, ci siamo detti: “Lo potevo fare anch’io”? È un pensiero che suona quasi come un modo per giustificarci, per chiudere la questione e non affrontare il fatto che, in realtà, non l’abbiamo fatto. Non ci abbiamo pensato, non siamo andati oltre, e tutto ciò che segue sarà solo un tentativo di imitazione, una distorsione della realtà. È proprio a questo tipo di reazione che Francesco Bonami risponde nel suo libro Lo potevo fare anch’io. Con il suo stile ironico e provocatorio, ma al contempo chiaro e incisivo, l’autore ci guida nel mondo dell’arte contemporanea, smontando una volta per tutte il mito dell’opera facile e banale. L'arte contemporanea, del resto, è sempre stata un campo di divisioni: c'è chi la ama, chi la detesta, e chi, di fronte a un’opera minimalista o concettuale, partendo dalla propria perplessità, sente il bisogno di liquidarla con un giudizio superficiale.

Bonami è un critico d’arte e un curatore di fama internazionale, ci guida in questo viaggio attraverso i meccanismi che determinano il valore di un’opera in maniera leggera e ironica. La sua scrittura non ha l’aria di un trattato accademico accessibile anche a chi non è esperto del settore. Non si tratta di un testo che vuole impartire lezioni, ma di un invito a riflettere e a mettersi in discussione.

Nel libro, Bonami ci parla di artisti come Duchamp, Warhol e Hirst, spiegandoci perché opere che sembrano semplici, se non addirittura banali, siano in realtà il frutto di intuizioni straordinarie, di visioni che ci costringono a rivedere le nostre certezze. E se, leggendo, vi siete detti “Lo potevo fare anch’io”, probabilmente il libro vi farà capire che no, non l’avreste potuto fare. E che forse, dopo tutto, un’opera d’arte non è solo una questione di abilità tecnica, ma anche di pensiero e visione.

È un piccolo viaggio in cui la provocazione si trasforma in occasione di riflessione, e l’arte contemporanea diventa finalmente qualcosa che possiamo cercare di comprendere, anche se non sempre riusciamo ad apprezzarla fino in fondo.

 

Frasi sottolineate

Potevo farlo anch’io, ma non ci ho pensato, pensavo ad altro, e guardando il muro bianco del mio salotto sognavo magari di poter comprare un bel paesaggio di montagna. Il bello dell’arte sta proprio nel fatto che, no,non potevamo farlo anche noi.

Ogni libro sull’arte che voglia essere una critica e un dibattito è un processo a porte chiuse dove il giudice, l’accusa, la difesa, la giuria e il boia sono una persona sola, l’autore. Il processo però si riapre una volta che il libro finisce nelle mani del lettore e sarà allora l’autore a diventare imputato.

Lo potevo fare anch'io. Perché l'arte contemporanea è davvero arte - Francesco Bonami - copertina


domenica 2 marzo 2025

Walter Lord – Titanic, La vera storia (trad. Carla Venga, ed. Garzanti, Elefanti Bestseller)


Ci sono alcuni libri appassionanti che non svaniscono nel tempo, e “Titanic, la vera storia” di Walter Lord è uno di essi. Anche oggi, questo libro, pubblicato nel 1955, si distingue come uno dei resoconti più dettagliati e coinvolgenti del disastro del Titanic. Attraverso le testimonianze dirette dei sopravvissuti, Lord ricrea con cura i dettagli dell'ultima notte del Titanic, dal momento in cui colpì l'iceberg fino a quando la nave affondò nelle profondità dell'Atlantico.

Ciò che rende questo libro così potente è la sua capacità di farci immergere nell'evento con una prosa chiara e incisiva. Non ci sono fronzoli emotivi; la storia si sviluppa in modo sorprendentemente diretto, permettendo ai fatti e alle voci delle persone di emergere. Come lettore, ci si sente a bordo della nave, percependo l'acqua gelida, la confusione e il panico, ma anche il coraggio e la dignitosa compostezza di coloro che affrontano l'inimmaginabile. Questo libro è stato fondamentale per anni per chi desidera comprendere cosa sia realmente accaduto quella notte. Non è solo una rivelazione, ma un racconto che risveglia le nostre vulnerabilità più profonde di fronte a un destino ineluttabile. La grandezza del Titanic e il suo affondamento prematuro continuano a suscitare un forte interesse. Mentre il relitto giace a una profondità di 4.000 metri, l'orrore del disastro persiste, portando con sé il peso di oltre 1.500 anime perdute.

Anche se il libro è stato scritto negli anni '50, sorprende per la precisione della sua rappresentazione. Certamente, alcuni dettagli rimangono poco chiari, e scoprire la verità assoluta non sarà mai possibile. È una lettura imprescindibile per chiunque voglia conoscere il viaggio inaugurale del Titanic al di là della leggenda.

 

Titanic. La vera storia - Walter Lord - copertina

domenica 23 febbraio 2025

Stefano Moro – Nanga (Ed. Rizzoli . Best BUR)

Ci sono sogni che sembrano impossibili, destinati a rimanere tali. L’ascensione al Nanga Parbat in inverno, senza ossigeno, è stato per Stefano Moro uno di questi. Per anni ha tentato, ha fallito più volte, ha sfidato la montagna e le sue regole. Poi, quando sembrava solo un altro tentativo destinato a fallire, l’imprevisto ha cambiato tutto. Il sogno si è avverato.

Ma il vero insegnamento di Moro è un altro: anche il fallimento può essere una vittoria. Tornare indietro, accettare di rinunciare, non è una sconfitta. È consapevolezza. Dopo mesi di allenamenti, giorni di sacrifici e condizioni proibitive, decidere di fermarsi può essere la scelta più difficile, ma anche la più saggia. Perché le montagne restano lì, nessuno le porta via.

La storia dell’alpinismo è piena di grandi imprese, ma anche di competizioni che si sono trasformate in tragedie, rivalità che hanno lasciato segni profondi. Moro racconta le polemiche con Daniele Nardi, le controversie dopo la scomparsa di Zavka sul K2. E poi ci sono le accuse che hanno colpito giganti come Reinhold Messner, per la morte del fratello, o Walter Bonatti, vittima di critiche feroci fino alla sua riabilitazione solo molti anni dopo.

Giudicare, da dietro una scrivania, è fin troppo facile. Ma a ottomila metri, quando il freddo toglie lucidità e l’aria è un bene raro, ogni decisione può fare la differenza tra la vita e la morte. Anche i più esperti possono sbagliare. Ed è in quei momenti che si comprende davvero quanto sia sottile il confine tra successo e tragedia.

Nanga. Fra rispetto e pazienza, come ho corteggiato la montagna che chiamavano assassina - Simone Moro - copertina

domenica 16 febbraio 2025

Marilynne Robinson - Gilead (trad. Eva Kampmann - ed. Einaudi, Supercoralli)

 

Gilead di Marilynne Robinson: un libro sulla vita, sulla morte e su ciò che lasciamo dietro di noi

Ci sono libri che non si limitano a essere letti, ma che si vivono. "Gilead" di Marilynne Robinson è uno di questi. Esplora temi fondamentali come la vita, la morte, l'eredità morale che lasciamo e il significato di ciò che siamo stati. È un romanzo intimo e profondo, incentrato su una lunga lettera scritta da John Ames, un pastore settantasettenne che vive a Gilead, un piccolo paese di fantasia nell'America rurale degli anni '50.

Ames è consapevole che il tempo non è dalla sua parte. È anziano, stanco e malato. Ha un figlio di appena sette anni, troppo giovane per ricordarlo quando crescerà. Per questo motivo, decide di scrivergli una lettera, un testamento morale ed emotivo per colmare l'assenza che sa di lasciare. Ma John Ames non è un padre qualunque. Come suo padre e suo nonno, è un pastore, un uomo di fede. Tuttavia, questa fede non è mai dogmatica e non è mai priva di dubbi. La sua lettera è non solo un atto d'amore, ma anche una confessione: ci sono ricordi, rimpianti e riflessioni su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. C'è una ricerca, costante e silenziosa, di cosa significhi vivere con grazia. Il contesto storico è potente e mai invadente. Siamo negli anni '50, in un'America ancora segnata da profonde divisioni. All'epoca, i matrimoni tra persone di “razze” diverse erano vietati in molti Stati, e queste tensioni si riflettono nella comunità di Gilead. La storia personale di Ames si intreccia con quella collettiva del suo paese, riportando alla luce memorie di abolizionismo, guerra civile e il ruolo della religione nei cambiamenti sociali.

Non si tratta solo della sua storia, ma anche di quella della sua famiglia. Ames ricorda il padre, un pacifista devoto, e il nonno, un predicatore infiammato dalla giustizia, sempre pronto a lottare per ciò che considerava giusto. Due figure opposte che lasciano un’eredità complessa e profonda, rispecchiando i conflitti interiori del protagonista.

Gilead - Marilynne Robinson - copertina

domenica 9 febbraio 2025

Lilli Gruber – Non farti fottere (ed. Rizzoli)

 

"Non farti fottere", il saggio di Lilli Gruber, ci invita a guardare in faccia una realtà che spesso preferiamo ignorare: l'impatto della pornografia online sulla nostra società, in particolare sulle nuove generazioni. Con uno stile diretto e senza fronzoli, l'autrice analizza come l'esposizione precoce al porno possa distorcere in modo significativo la percezione del sesso, delle relazioni e del corpo, sottolineando l'urgente necessità di un'educazione sessuale seria e ben strutturata. Gruber non risparmia critiche e mette in luce un sistema che, dietro l'apparente offerta di intrattenimento, cela una logica spietata di mercificazione. La pornografia online, facilmente accessibile anche ai minorenni, non solo altera l'idea di intimità, ma diventa il fulcro di un modello economico che monetizza tutto: dai contenuti caricati ai dati personali degli utenti – ormai considerati il nuovo "oro" del nostro tempo – fino alle vulnerabilità di chi ne fruisce. In questa riflessione, Gruber denuncia anche il peso che questo sistema ha sulle donne, spesso ridotte a meri oggetti di consumo. Ma non finisce qui. L'autrice critica aspramente la politica, in particolare quella italiana, colpevole di ignorare la questione. Introducendo l'educazione sessuale nelle scuole, afferma Gruber, si potrebbe almeno in parte mitigare il danno, fornendo ai giovani gli strumenti per distinguere tra finzione e realtà, tra mercificazione e rispetto. Tuttavia, il vuoto lasciato in questo ambito è evidente e preoccupante. "Non farti fottere" offre uno spazio di riflessione necessario e urgente sul ruolo della pornografia nella nostra società.

 

Non farti fottere. Come il supermercato del porno online ti ruba fantasia, desiderio e dati personali - Lilli Gruber - copertina

domenica 2 febbraio 2025

Roberto Cotroneo – Manuale di scrittura creativa (ed. Castelvecchi)

 

Avete presente quei manuali tecnici pieni di regole, divieti e istruzioni su come scrivere meglio? Ecco, dimenticateveli. Il Manuale di scrittura creativa di Roberto Cotroneo è tutta un’altra storia. Non è solo un libro, è un viaggio. Un percorso dentro il significato più profondo della scrittura, quasi come se l’autore si sedesse accanto a noi e ci accompagnasse in una chiacchierata intima e illuminante.

Perché, diciamocelo: chi scrive lo fa anche – e forse soprattutto – per essere letto. Ed è proprio qui che Cotroneo fa centro. Non basta conoscere la grammatica o avere un vocabolario ricco. Scrivere significa dare vita a un testo, renderlo capace di emozionare, di catturare, di lasciare il segno nella mente e nel cuore di chi legge.

La forza di questo libro sta nel suo approccio. Certo, ci sono tecniche ed esercizi (e sono utilissimi), ma la vera essenza sta altrove: nello sguardo profondo che l’autore ci invita a posare sulla scrittura. Attraverso esempi concreti, ci mostra come siano i dettagli a fare la differenza, come un semplice cambio di prospettiva possa trasformare un testo qualunque in qualcosa di unico e indimenticabile.

 

Manuale di scrittura creativa - Roberto Cotroneo - copertina

domenica 26 gennaio 2025

J.D. Vance – Elegia americana (trad. Roberto Merlini ed. Garzanti)

Vance ripercorre la sua vita con uno stile essenziale e diretto, quasi chirurgico. La sua infanzia e adolescenza si svolgono in un’America marginale, quella della classe lavoratrice bianca degli Appalachi, dove il sogno americano appare come un miraggio e la povertà si manifesta non solo in termini economici, ma anche culturali. L’autore descrive con onestà spietata una madre tossicodipendente e instabile. Non è un libro che celebra il successo personale. Vance non si propone come un modello, né indulge in facili morali. Piuttosto, invita il lettore a osservare con occhi nuovi il mondo che descrive, spingendolo a riflettere sulle contraddizioni e sulle responsabilità – sia individuali che collettive – che alimentano questa situazione. Non è un atto di accusa, ma un tentativo di comprensione, sebbene a volte duro e mai condiscendente. La forza narrativa del libro risiede nella sua capacità di intrecciare il racconto personale con temi universali. La povertà, la disoccupazione, la dipendenza da droghe e la violenza domestica non sono solo dati sociologici, ma esperienze vissute sulla pelle dell’autore e della sua famiglia. Eppure, all’interno di questo quadro desolante, emerge la figura della nonna, una donna dal carattere indomabile, che rappresenta per Vance una guida e una fonte di forza. È lei, con il suo amore imperfetto ma straordinario, a incarnare la possibilità di riscatto in un contesto apparentemente senza speranza. Il risultato è un libro che non si limita a raccontare una storia, ma apre uno squarcio su una realtà raramente esplorata con questa profondità. Le tensioni tra il senso di appartenenza e il desiderio di fuga, tra il peso delle radici e la spinta al cambiamento.

 Elegia americana - J. D. Vance - copertina